Traffico di beni archeologici, smantellata organizzazione: 23 arresti

Saccheggiavano da anni siti archeologici in Calabria, in particolare nel crotonese, per poi rivendere i reperti a collezionisti in tutta Italia e anche all'estero.

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

MILANO – Saccheggiavano da anni siti archeologici in Calabria, in particolare nel crotonese, per poi rivendere i reperti a collezionisti in tutta Italia e anche all’estero. I carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale hanno smantellato un’organizzazione dedita al traffico di reperti arrestando 23 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, ricettazione ed esportazione illecita. Sono state eseguite anche 80 perquisizioni nei confronti di altrettanti indagati. Due degli arrestati, entrambi crotonesi, considerati al vertice dell’organizzazione, sono stati portati in carcere, gli altri 21 sono ai domiciliari in varie città. L’operazione, scattata al termine di un’inchiesta della procura di Crotone, è stata condotta oltre che a Crotone anche in altre 20 città in tutta Italia e contemporaneamente, in ambito europeo, grazie al coordinamento di Europol ed Eurojust, sono state eseguite perquisizioni nelle case di quattro degli indagati, in Gran Bretagna, Francia, Germania e Serbia. Oltre 350 i carabinieri impiegati, in Italia e all’estero.

Le indagini

“Un’operazione che dimostra ancora una volta l’eccellenza del Comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio artistico, che opera dal 1969 a difesa del patrimonio culturale italiano. A loro, alla procura di Crotone che ha diretto le indagini e a tutti i soggetti che vi hanno partecipato va il plauso del Governo italiano”, ha commentato il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini.

Gli arresti

L’operazione, che ha preso il nome di ‘Achei’, è giunta al termine di una lunga e accurata indagine dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cosenza, avviata nel maggio 2017 e conclusa nel luglio 2018, che ha preso il via da una serie di accertamenti su numerosi scavi clandestini all’interno di vari siti archeologici, in particolare quelli di ‘Apollo Aleo’ a Cirò Marina, nel crotonese, di Castiglione di Paludi, nel cosentino, l’area di Cerasello e altre aree private sempre in Calabria. I saccheggi venivano portati avanti da anni da un gruppo di ‘tombaroli’ che poi, tramite intermediari e ricettatori, rivendevano i reperti ai collezionisti. Le fasi del traffico illecito sono state acclarate e documentate dettagliatamente anche con intercettazioni telefoniche e ambientali, riprese video, pedinamenti, sequestri. Nelle immagini girate grazie a un drone, tra l’altro, si vedono alcuni membri dell’organizzazione scagliare colpi al suolo con un escavatore. Tutti i membri dell’organizzazione erano consapevoli di dover “parlare poco”, e comunque lo facevano in codice.

Al vertice vi erano due crotonesi, finiti in carcere, definiti dagli investigatori “cultori di archeologia e conoscitori dei luoghi in cui reperire materiale archeologico da introdurre illecitamente sul mercato”. I due, di Scandale e Cirò Marina, sono stati “costantemente impegnati nell’attività di ricerca clandestina e commercializzazione di reperti”. Le misure degli arresti domiciliari sono state eseguite nelle province di Crotone, per 13 persone, due a Milano, due a Perugia, una a Catanzaro, Benevento, Matera e Fermo. Nel corso dell’indagine sono stati recuperati diversi reperti archeologici risalenti al IV e al III secolo a.C., trovati nella disponibilità di uno dei capi dell’organizzazione. Le perquisizioni hanno poi portato al sequestro in diverse abitazioni in altre regioni italiane di molti altri reperti.

LaPresse

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