Quanta grandezza in quel Neonato

Tommaso Caputo

Nella notte santa di Betlemme, gli angeli appaiono ai pastori che vegliano e fanno la guardia al proprio gregge. “Oggi – annunciano, come racconta il Vangelo di San Luca – nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Dio si fa uomo e s’incarna in un bambino, che è l’unica salvezza dell’uomo. È questa la gioia del Natale.

Quanta infinita grandezza in quel neonato bisognoso di tutto, che viene sulla terra per condividere l’esistenza dell’uomo e salvarlo, donandogli una vita che non avrà fine. Gesù è per due volte piccolo: lo è perché è appena venuto alla luce, ma anche perché i suoi genitori, Giuseppe e Maria, non sono riusciti a trovare un luogo migliore d’una mangiatoia per passare la notte. E sono piccoli anche i pastori, considerati ai margini della società nella Palestina di oltre duemila anni fa. Eppure Gesù vuole che i primi ad adorarlo siano proprio loro.

A volte, osservando la società di oggi, si ha la sensazione che si festeggi il Natale senza il festeggiato, messo da parte e quasi nascosto da una materialità effimera e provvisoria. Se vogliamo davvero celebrare il Natale, dobbiamo guardarci intorno e vedere quanti “piccoli” vivono, o sopravvivono, nella società contemporanea. Vedremo così il volto sofferente di chi affronta la disoccupazione o la precarietà del lavoro, di chi patisce la disgregazione della propria famiglia, di chi non ha nemmeno il necessario per mangiare o vestirsi, di chi è costretto a vivere nelle strade, di chi cerca la felicità in ogni forma di dipendenza o comunque in posti sbagliati, di chi subisce violenza, di chi abbandona tutto e affronta un viaggio durissimo pur di scappare da guerra e miseria per cercare speranza altrove.

Il vero Natale è questo: aprire gli occhi, vincendo la resistenza dell’indifferenza, per vedere i “piccoli” della storia e per realizzare opere che li sollevino dal loro bisogno e dalla loro paura. A Pompei, in modo speciale, osserviamo ogni giorno il volto di un’umanità ferita e ci impegniamo per curare, accompagnare, guarire. C’è tanto da fare!

Sono piccoli due volte i bambini e gli adolescenti che vivono il disagio familiare e che sono accolti nei centri educativi del Santuario. Lo sono per l’età, ma anche per i gravi problemi che sono costretti ad affrontare. Sono piccoli i minori, le donne, gli ammalati che trovano amore e cure nelle case famiglia e nelle comunità del Centro “Giovanni Paolo II”. Sono piccoli i migranti: nelle opere di carità sono state accolte decine di donne provenienti dai paesi dell’Africa. Sono piccoli coloro che sono finiti nel dramma della tossicodipendenza, di cui si prende cura la Comunità Incontro. E, ancora, sono piccoli gli utenti che, quotidianamente, trovano un pasto caldo alla Mensa dei poveri “Papa Francesco”, gestita dall’Ordine di Malta nella Casa del Pellegrino.

Le opere sociali, che portano avanti il carisma del Fondatore, il Beato Bartolo Longo, sono quell’ospedale da campo di cui tante volte ha parlato il Santo Padre. È qui, sotto lo sguardo benevolo della Madonna del Rosario, che troviamo la nostra mangiatoia quotidiana. È in queste persone più fragili che contempliamo il volto di Gesù Bambino.

Auguri a tutti di un Natale veramente Santo!

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