Camorra e affari, Schiavone: soldi al clan, al sindaco e all’ex consigliere regionale per i lavori al cimitero

Le dichiarazioni del pentito raccolte dal pm Graziella Arlomede lo scorso ottobre

Imprenditori trasversali: rapportarsi con Antonio Iovine o il gruppo di Sandokan per i fratelli Mastrominico avrebbe fatto poca differenza. A raccontarlo alla Dda è stato Nicola Schiavone. Le sue dichiarazioni sono confluite nel processo d’Appello a carico dei costruttori di San Cipriano d’Aversa e dell’ex sindaco Enrico Fabozzi.

Enrico Fabozzi

Il figlio del capoclan, da luglio scorso collaboratore di giustizia, ha tirato in ballo i tre imputati nell’affare cimitero: ad occuparsi della struttura di Villa Literno, ha spiegato il boss, furono proprio i Mastrominico. Ma in cambio di quel lavoro versarono una ‘stecca’ al clan e a due politici.

La proposta di ‘Paoletto’

L’argomento è stato affrontato nel verbale dello scorso 8 ottobre: rispondendo alle domande del pm Graziella Arlomede, il pentito ha introdotto l’argomento citando la proposta di business, ricevuta dal cugino Paolo Schiavone, figlio di Cicciariello, in merito alla gestione delle lampade votive a Casal di Principe.

Paolo Schiavone, il nipote del super boss Francesco Schiavone, detto Sandokan

“Paoletto mi propose di costituire una società ad hoc, cosa che non ho mai appoggiato. Non volevo lucrare su quell’affare” affermò. “In realtà a Casale – ha continuato il collaboratore – era già in programma da tempo l’ampliamento del cimitero, attività che avrebbero dovuto gestire i fratelli Mastrominico, i quali con il sistema del project financing avevano già avviato a Villa Literno lavori dello stesso tipo”.

L’affare cimitero

In relazione all’affare liternese, ha spiegato Schiavone, i Mastrominico si lamentarono con il clan: non ci avevano guadagnato, anzi. Ci avevano rimesso perché avevano avuto “grosse difficoltà a vendere le cappelle i loculi”.

Giuseppe Mastrominico
Nicola Ferraro

“Ciononostante – ha aggiunto Schiavone – avevano dovuto comunque pagare la nostra parte così come fu stabilito nell’accordo iniziale”.

“Era una quota di partecipazione – ha precisato il primogenito di Sandokan – avendo noi procurato questo lavoro ai Mastrominico. Io e Nicola Ferraro (ex consigliere regionale dell’Udeur, nda) ricevemmo 350mila: due quote a me e una a Ferraro”. Ma il politico, ha affermato Schiavone, “riconobbe dalla somma ricevuta anche la parte destinata a Enrico Fabozzi, suo uomo di fiducia”.

Pasquale Mastrominico
Il processo

In primo grado Fabozzi è stato condannato a 10 anni di reclusione per concorso esterno al clan e 8 anni a testa i fratelli Pasquale e Giuseppe Mastrominico. Nel collegio difensivo gli avvocati Mario Griffo e Vittorio Giaquinto.

CLICCA QUI PER LEGGERE Schiavone: vi svelo il patto tra Cosentino e Zagaria
Casal di Principe, Nicola Schiavone: “Ecco l’impero del clan”
Schiavone contro Schiavone. Il figlio di Sandokan accusa i familiari
Cosentino, il centro commerciale, le Provinciali del 2005 e la centrale termoelettrica: le nuove accuse di Nicola Schiavone



LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome