Regeni: la Cassazione decide sul nodo assenza degli imputati, processo a rischio

La Cassazione è chiamata a decidere se il processo per il sequestro e l'omicidio di Giulio Regeni possa andare avanti

Foto Claudio Furlan LaPresse 01-02-2019 Milano

ROMA – La Cassazione è chiamata a decidere se il processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni possa andare avanti o debba esser sospeso per la mancata elezione di domicilio dei quattro 007 egiziani imputati.

“Non ci sarà mai una pietra tombale su questo caso perché noi qui ci saremo sempre – assicura Alessandra Ballerini, legale dei genitori del ricercatore friulano – ma quella che viene presa dalla Cassazione è una decisione che riguarda la dignità dell’Italia”.

Sotto l’esame dei giudici il ricorso presentato dalla procura di Roma, che chiede che il processo possa andare avanti anche senza le notifiche e in assenza degli imputati, dei quali le autorità egiziane non hanno mai fornito gli indirizzi di domicilio, bloccando, di fatto, il procedimento.

Sotto accusa sono Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Rispondono tutti di sequestro di persona, e Abdelal Sharif anche di lesioni e concorso nell’omicidio.

Sono passati sei anni e mezzo da quando il corpo martoriato di Giulio Regeni venne ritrovato, il 3 febbraio del 2016, nove giorni dopo il suo sequestro: un cadavere irriconoscibile per le torture subite, abbandonato nei pressi della strada che collega Il Cairo ad Alessandria.

Nelle prime settimane, tante false piste si susseguirono: prima si parlò di un incidente stradale, poi di una rapina finita male, successivamente si insinuò che il giovane fosse stato ucciso perché ritenuto una spia, poi che fosse finito in un giro di spaccio di droga, di festini gay, di malaffare che l’aveva portato a farsi dei nemici. A un mese dalla morte di Giulio alcuni testimoniarono di averlo visto litigare con un vicino che gli aveva giurato morte.

Il 24 marzo del 2016 arrivò l’ennesima ricostruzione non credibile e questa volta c’erano di mezzo cinque morti: criminali comuni uccisi in una sparatoria con ufficiali della National Security egiziana, alla periferia del Cairo. I documenti di Giulio furono trovati quello stesso giorno in casa della sorella del capo della presunta banda e si disse che i cinque erano legati alla morte del giovane.

Dalle indagini italiane emerse che il ricercatore era attenzionato da polizia e servizi segreti già settimane prima del rapimento. Le analisi sui tabulati misero in luce i numerosi contatti telefonici tra gli agenti che si erano occupati di tenere sotto controllo Giulio tra dicembre 2015 e gennaio 2016, e gli ufficiali dei servizi segreti coinvolti nella sparatoria con la presunta banda di criminali uccisi nel marzo 2016 a cui gli egiziani provarono ad attribuire l’omicidio.

Chi indaga a piazzale Clodio è convinto che Giulio sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi. Ma a sei anni e mezzo dall’omicidio, la giustizia è ancora lontana.

(LaPresse)

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