NAPOLI – Il Movimento Equità Territoriale, fondato da Pino Aprile, prepara una lista federata per le Europee del 2024 e non fa passi indietro sulla difesa degli allevatori bufalini. Ne parla a “Cronache” l’europarlamentare uscente e segretario del Met Piernicola Pedicini.
Come si pone il Movimento per le prossime Europee? E lei sarà di nuovo in campo?
Ci posizioniamo nel campo progressista con l’obiettivo di contrastare l’avanzata delle destre a livello europeo. In questo momento bisogna promuovere la solidarietà verso i più deboli, contrastare la guerra e opporsi alle forze politiche che alimentano divisioni globali. Alle prossime elezioni europee, stiamo lavorando per un’alleanza del Movimento per l’Equità Territoriale con la Sinistra italiana e i Verdi italiani, come abbiamo già sperimentato alle ultime regionali in Molise e come probabilmente faremo anche in Basilicata. Personalmente, non so se sarò in campo, anche se nulla si può escludere.
La questione degli allevatori bufalini e del piano anti brucellosi della Regione è approdata al Parlamento europeo. Quali frutti ha portato questa iniziativa e c’è ancora un ulteriore ruolo che gli europarlamentari possono giocare?
Da promotore di questa iniziativa posso dire che ha dato luogo a sviluppi positivi perché da un lato ha prodotto un interesse concreto da parte dell’esecutivo Ue, dall’altro ha posto la Regione Campania di fronte all’obbligo di agire in conformità alle indicazioni europee, diversamente rischia il commissariamento. L’Ue è stata informata anche attraverso una petizione, da me sottoscritta, discussa di fronte alla Direzione generale per la salute e l’agricoltura. Di conseguenza la Commissione Ue ha chiesto alla Regione di adottare un piano anti brucellosi orientato alla prevenzione e non all’abbattimento indiscriminato di bufale. Su questo, gli eurodeputati possono esercitare pressioni sull’esecutivo europeo affinché intervenga in modo più incisivo e monitori il processo di cambiamento del piano anti brucellosi, attualmente fallimentare su tutti i fronti.
Lo smaltimento delle ecoballe campane resta un punto dolente. Come vede la situazione?
Un emblema del fallimento assoluto nella gestione dei rifiuti da parte del governo regionale. Ricordiamo che l’Italia è stata condannata a pagare una sanzione giornaliera di 120mila euro per la mancanza di una rete adeguata di impianti di gestione dei rifiuti nella nostra regione. Paghiamo così il conto di non aver mai saputo adottare un piano di riciclaggio vero. De Luca promette da anni soluzioni salvifiche ma poi ha sempre dimostrato la sua incapacità sistemica di affrontare il problema.
L’utilizzo dei fondi Pnrr rischia di diventare una grande occasione sprecata in Campania. Ci sono spiragli per evitare il flop?
E’ una possibilità concreta che personalmente ho segnalato fin dall’inizio. La Regione Campania ora, come le altre Regioni del sud, in regime di emergenza, dovrebbe chiamare a rapporto tutti i sindaci del sud, acquisire le buone pratiche per adeguare i progetti non finanziati dalle risorse ordinarie ai requisiti richiesti per ottenere finanziamenti del Pnrr. Naturalmente coinvolgendo i migliori professionisti ed esperti di fondi europei a disposizione in Campania. Se la Regione non dovesse muoversi in autonomia rispetto al governo, rischierebbe di perdere quest’occasione con il risultato che ancora una volta le risorse destinate al Sud saranno sprecate o dirottate verso le ricche imprese del Nord, come d’altronde ha fatto recentemente il ministro Fitto con i fondi per l’efficientamento energetico e per la riduzione del rischio idrogeologico, magicamente decurtati dal piano.
Quale pensa che sarà il destino della legge sull’autonomia differenziata? E’ un rischio ancora concreto per il Sud o è destinata a naufragare?
Credo che alla fine l’autonomia differenziata verrà approvata, ma solo per alcune competenze. Il danno sarebbe lo stesso notevole non solo perché si stabilirebbe un precedente pericoloso che in futuro potrebbe portare a ulteriori sviluppi negativi, simile a quanto accaduto con la legge sul federalismo fiscale che ha preceduto nei fatti proprio l’autonomia. Ma anche perché una versione “light” del regionalismo avrebbe conseguenze negative sulla coesione sociale. Se Calderoli consentirà, come credo, a Emilia Romagna, Veneto e Lombardia di ottenere alcune delle competenze richieste, come ad esempio l’istruzione, questo dividerà ancora di più il Paese. La riduzione delle risorse, l’eliminazione del reddito di cittadinanza, la gestione del Pnrr sono tutte dinamiche che stanno alimentando un sentimento meridionalista irreversibile che con il regionalismo potrebbe aggravarsi. Da parte nostra stiamo iniziando a considerare la separazione come un’opzione percorribile e ne stiamo esaminando la fattibilità.
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