Casal di Principe, spari contro la casa del figlio di ‘Sandokan’ Emanuele Libero Schiavone

A mezzanotte meno un quarto circa sono stati esplosi dei colpi in piazza Mercato e in via Bologna, dove il rampollo del capoclan vive insieme a suo fratello Ivanhoe.

I buchi dei proiettili nel cancello d'ingresso dell'abitazione di Emanuele Libero Schiavone, figlio del boss Francesco detto Sandokan, recentemente diventato un collaboratore di giustizia. © foto Libra Editrice Scarl 2024
I buchi dei proiettili nel cancello d'ingresso dell'abitazione di Emanuele Libero Schiavone, figlio del boss Francesco detto Sandokan, recentemente diventato un collaboratore di giustizia. © foto Libra Editrice Scarl 2024

CASAL DI PRINCIPE – La stesa in piazza Mercato e il cancello di casa Schiavone crivellato da colpi d’arma da fuoco: tutto (probabilmente) in una notte. Raid di piombo che hanno scosso la comunità casalese a poche ore dal voto. Raid di piombo che rischiano di trascinare la città in un tragico passato che sembrava ormai superato. Raid di piombo che, d’impulso, ci spingono a dire che la mafia locale (almeno ciò che ne resta e con una forma nuova) ha ripreso a sparare.

I colpi in piazza Mercato

Pochi minuti prima della mezzanotte di venerdì, un’auto ha percorso a velocità sostenuta piazza Mercato ed uno dei due suoi occupanti, a pochi metri dal bar Borriello, ha esploso in aria, sporgendosi leggermente dal finestrino, colpi di mitraglietta. Un testimone ha riferito che, prima di premere il grilletto, si sarebbe lanciato in un grido: “Andate via, Casale è nostra”.

Il raid in via Bologna

Se sia accaduto prima o dopo questo episodio, non è ancora chiaro (lo stabilirà, a breve, l’indagine che stanno conducendo i carabinieri della Compagnia di Casal di Principe): ma il dato certo è che anche via Bologna è stata teatro di spari. In questo caso, i proiettili, circa una quindicina (e di vario calibro) non sono stati rivolti verso l’alto, ma in direzione della casa dove abitano Emanuele Libero Schiavone e il fratello Ivanhoe, i figli del capoclan (da marzo collaboratore di giustizia) Francesco Sandokan. E lì, quando uscirà dal carcere, dovrebbe andare a vivere anche Carmine, altro figlio del fondatore dei Casalesi.

I tre hanno rifiutato di aderire al programma di protezione offerto loro dopo la scelta del genitore di iniziare a parlare con i magistrati. Sono gli unici della famiglia messa in piedi da Sandokan e Giuseppina Nappa (ex moglie del boss) ad aver deciso di non abbandonare Casale e di non cogliere l’occasione di una nuova vita lontana dalle logiche mafiose. Le loro due sorelle, insieme alla madre, hanno abbandonato l’Agro aversano circa 6 anni fa, quando Nicola, il fratello maggiore, ha iniziato a collaborare con la giustizia. Strada che nel 2021 ha poi deciso di percorrere anche l’altro maschio di casa Schiavone, Walter.

La matrice

L’intensa attività investigativa che si sta concretizzando in queste ore sta anche raccogliendo elementi per dare concretezza ad un altro aspetto (molto probabile ma non scontato). Quale? Che i due raid abbiano la stessa matrice.
Sebbene la stesa e gli spari al cancello si siano verificati a poche ore dalle Comunali, gli investigatori, almeno per ora, tendono ad escludere un loro collegamento con il contesto politico. Ciò che resta della mafia dei Casalesi, indebolita da pentimenti, arresti e confische, non ha più una struttura tale da consentirle di dedicarsi con incisività alle elezioni. Per sopravvivere, deve dedicarsi ad altro. Deve concentrarsi su settori che le garantiscono guadagni immediati e le occasioni per riassestarsi fisicamente sui territorio. Quali? Tra loro spicca sicuramente la droga: da business storicamente osteggiato dal clan a principale affare capace di tener vive le sue ceneri.

E proprio il controllo dello smercio dei narcotici potrebbe essere la causa dei recenti raid di piombo. È possibile che Emanuele Libero Schiavone, tornato a Casale lo scorso aprile, dopo aver scontato in cella circa 12 anni, avendo preso le distanze dalla scelta fatta dal padre, abbia tentato in queste settimane di reinserirsi, visto che il fratello Ivanhoe non avrebbe avuto forza e capacità per farlo, nei business criminali ancora attivi sul territorio, in particolare lo spaccio di stupefacenti e il gioco (quello online, le slot, ma anche le bische). Tuttavia queste pretese non avrebbero fatto breccia in chi ora, con quasi tutti i pezzi da novanta in cella o pentiti, si è ritrovato ad avere un ruolo di rilievo nel crimine. E tali soggetti avrebbero risposto alle istanze del figlio del capoclan con i due raid di piombo: uno nella piazza che Emanuele Libero solitamente frequenta, e l’altro che ha puntato proprio alla sua abitazione.

Chiariamo: associare le due azioni criminali al controllo dello spaccio di droga è solo una delle piste che stanno seguendo i militari dell’Arma coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Probabilmente è quella più fondata, ma non l’unica. Ce ne è, ad esempio, anche un’altra, meno solida, ma più suggestiva che porta a dare un’altra lettura dei due raid. E che dice? Che potrebbero rappresentare un’intimidazione a Sandokan. Insomma, un segnale diretto al boss ‘pentito’: attento a ciò che dici, perché possiamo colpire i tuoi figli, proprio quei due figli che tu volevi salvare dal mondo mafioso iniziando a collaborare con la giustizia.


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