Cerved: con default al 2020 chiuderebbe un’azienda su cinque

Se l'Italia non fosse in grado di ripagare il proprio debito sovrano, nel medio termine questo trascinerebbe in bancarotta un'azienda su cinque. E' la drammatica previsione avanzata dall'agenzia di rating Cerved nell'analisi 'Impact of adverse Italian macroeconomics scenarios on Italian non financial companies'.

/ AFP PHOTO / Emmanuel DUNAND
Milano, 4 ott. (LaPresse) – Se l’Italia non fosse in grado di ripagare il proprio debito sovrano, nel medio termine questo trascinerebbe in bancarotta un’azienda su cinque. E’ la drammatica previsione avanzata dall’agenzia di rating Cerved nell’analisi ‘Impact of adverse Italian macroeconomics scenarios on Italian non financial companies’. In questa  vengono tra l’altro ipotizzate le ricadute sull’economia nazionale qualora facesse la sua comparsa del cosiddetto “cigno nero”. Cioè l’uscita del Paese dall’area euro. In caso di default, spiega il documento, la probabilità di fallimento delle aziende aumenterebbe notevolmente in un orizzonte temporale di tre anni. Quindi portandosi dall’attuale 6,8% fino a un 11% o addirittura al 20% nel caso peggiore. “Più specificatamente la possibilità per l’Italia di abbandonare l’eurozona, troppo spesso ventilata, comporterebbe un significativo aumento del rischio. Questo coinvolgerebbe in maniera rilevante, tra gli altri, i settori del commercio e delle costruzioni. Segmenti di mercato che pagherebbero il conto più alto nel concretizzarsi di questo molto sgradevole scenario”.

dunque

Al 2020, un negozio su quattro non alzerebbe più la saracinesca, mentre i fallimenti tra alberghi e ristoranti sfiorerebbero il 30% e quelli tra le aziende dell’abbigliamento il 20%. Un po’ meglio, sempre stando allo studio diffuso oggi, andrebbe alle aziende della chimica farmaceutica, a quelle della componentistica e a quelle dell’Ict. Settori nei quali Cerved si attende comunque la chiusura di una impresa su 10. All’atto pratico, spiega l’agenzia di rating: in caso di default dello Stato le piccole e medie imprese soffrirebbero in maniera molto rilevante del taglio delle attività di prestito delle banche, generato dall’aumento di più del 10% dei tassi di rendimento a 10 anni. Allo stesso modo, la fiducia degli investitori nell’Italia si ridurrebbe notevolmente, con pesanti conseguenze sulle chance delle imprese di competere nei mercati e assumere forza lavoro.

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