Chiude il Congresso mondiale delle famiglie: chiesta una rogatoria contro l’utero in affitto

"Hanno provato a intimidirci, ma la presenza di così tante persone è la risposta più significativa", affermano gli organizzatori dell'evento

Foto Claudio Martinelli/LaPresse

VERONA – Una ‘rogatoria’ internazionale contro l’utero in affitto, politiche attive e risorse per combattere la denatalità, ma soprattutto no all’aborto. Sono i temi principali che sono emersi dal tredicesimo Congresso delle famiglie, che si è chiuso a Roma con una ‘Marcia per la vita’. A cui hanno preso parte circa 10mila persone da tutta Italia.

Le richieste del congresso al mondo politico

Il documento finale della tre giorni di lavoro assomiglia molto a un manifesto che lambisce il mondo politico. Anzi lo investe della responsabilità di accogliere le proposte avanzate. Offrendo in cambio l’appoggio alle prossime elezioni europee. “Vedremo chi starà con noi, poi ovviamente daremo indicazioni al nostro popolo”, dice Massimo Gandolfini, uno degli organizzatori del Family day e oggi impegnato per la riuscita del Wcf. Forse il più acclamato a Verona.

Le famiglie che aderiscono alle associazioni prolife chiedono “la protezione dei minori, a partire dai loro diritti ad avere una mamma e un papà, a non diventare oggetti di compravendita, di abusi sessuali e pedopornografia. E a ricevere un’educazione che non metta in discussione la loro identità sessuale biologica e non li induca a una sessualizzazione precoce”.

Un documento al centro di numerosi dibattiti

Il documento finale, che farà sicuramente discutere, chiede che le donne siano libere di scegliere se portare avanti una gravidanza, garantendo loro la certezza del lavoro. Ma anche asili nido, un aumento del periodo di maternità fino a 18 mesi dalla nascita del bambino e l’incremento dei giorni di congedo per malattia figlio, tutto conservando il diritto al 100% dello stipendio.

Gli organizzatori dell’evento rispondono alle accuse

Il Congresso mondiale delle famiglie “è il punto di partenza, non di arrivo”, avvisa Gandolfini. Mentre ad Antonio Brandi e Jacopo Coghe, i due organizzatori dell’evento, rispediscono al mittente tutte le accuse: “Se siamo i retrogradi, il Medioevo o ancora degli sfigati, allora lo siamo orgogliosamente”, dicono dal palco. Ricalcando il concetto espresso il giorno prima dal vicepremier, Matteo Salvini.

“Hanno provato a intimidirci, ma la presenza di così tante persone è la risposta più significativa”, proseguono accusando media e una parte della politica di aver creato un clima ostile nei loro confronti. E“in questo modo molti giovani hanno rinunciato a venire, spaventati”. Allo stesso modo, però, riconoscono che tutte le attenzioni ricevute alla vigilia “ci hanno fatto una grande pubblicità”.

D’accordo anche il sindaco di Verona

Con il Wcf c’erano ancora le istituzioni, anche nel giorno di chiusura. Il padrone di casa, il sindaco Federico Sboarina, sembra sposare le ragioni degli organizzatori, ma evitando comunque di addentrarsi su sentieri impervi. “Hanno provato in tutti i modi a non farci fare questa manifestazione, ma nella mia città ognuno ha il diritto di esprimere le proprie idee, i propri valori e i propri principi. Verona è una città libera e accogliente, ma nessuno deve intimorire, intimidire gli altri”.

Il sostegno del vicepremier Salvini

Da Twitter non è mancato il sostegno di Salvini – anche se a distanza -, che da un prato rigoglioso, indossando la maglietta ufficiale della Marcia, ha mostrato una coccinella che gli si era posata sul dito, in segno di buona sorte. E in effetti tutto fila liscio alla Marcia.

Dio, patria e famiglia, lo slogan apartitico di Forza Nuova

Anche gli ‘osservati speciali’ di Forza Nuova rispettano gli accordi e si presentano in camicia bianca, nessun simbolo di partito (a parte un paio di croci celtiche attaccate alle collane dei militanti, ma il caldo non consentiva chiusure totali). E solo tre cartelloni, con tre raffigurazioni (queste sì, abbastanza riconducibili alle ideologie di Fn) e le parole “Dio, patria, famiglia”. Di meglio il Congresso mondiale delle famiglie non poteva chiedere. E ora si apre la fase due, paradossalmente quella più difficile: la trattativa con il mondo istituzionale, nessuno escluso. Anche se ora contando su un peso specifico oggettivamente aumentato.

(LaPresse/di Dario Borriello)

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