Consumi, Coldiretti: “Con +17% le uova guidano il carrello della spesa”

Disattesa la leggenda metropolitana secondo cui l'uovo fa male al fegato

LaPresse Only italyUova

MILANO – Con un balzo record del 17,2% sono le uova a far registrare la maggiore crescita degli acquisti e ad aggiudicarsi il titolo di star del carrello alimentare nel 2018. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea relativi ai primi nove mesi dell’anno. Sul podio – sottolinea la Coldiretti in una nota – salgono seppur a distanza, anche gli agrumi che crescono dell’8,3% spinti dalle riconosciute proprietà salutistiche ed antiinfluenzali. E lo spumante che aumenta del 7,8% perchè è diventato un prodotto di consumo quotidiano non piu’ ristretto al festeggiamento delle ricorrenze.

A spingere il grande ritorno delle uova è – sottolinea la Coldiretti – l’ottimo rapporto prezzo qualità riconosciuto dagli ultimi studi. Secondo i quali le uova sono un alimento sano, equilibrato e ‘taglia grassi’ adatto al controllo del peso di individui. Un uovo medio contiene solo 78 kcal, ma il suo contenuto proteico elevato è pari a 6,5 grammi, ovvero il 13% del fabbisogno giornaliero di un adulto.

Disattesa la leggenda metropolitana secondo cui l’uovo fa male al fegato

Le uova si qualificano inoltre come fonte di Vitamina A e B12; sono inoltre ricche di Vitamina D e contengono Colina, Fosforo, Selenio, Riboflavina, Acido Folico, Biotina e Iodio. Mentre una vera e propria leggenda metropolitana del tutto priva di basi scientifiche è quella – denuncia la Coldiretti – che le uova facciano male al fegato. Al contrario, questo tipo di alimento contiene sostanze utili per il buon funzionamento delle cellule epatiche. Come gli aminoacidi epatoprotettori come metionina e colina e una sostanza come l’inositolo utile in particolare per chi soffre di fegato grasso.

Con l’aumento della domanda diventa sempre piu’ importante – continua la Coldiretti – garantire la trasparenza del made in Italy del prodotto e per il 2019 le risoluzioni approvate dalla Commissione Agricoltura della Camera prevedono la timbratura di origine obbligatoria direttamente in allevamento. Ad oggi hanno applicato sul guscio un codice alfanumerico che contiene le informazioni sulla provenienza dell’uovo e metodi allevamento adottato. Ma è difficilmente interpretabile dai consumatori e per questo – spiega la Coldiretti – verrà applicata una indicazione più chiara. Una misura importante per consentire di fare scelte di acquisto consapevoli che – sostiene la Coldiretti – deve essere inserita anche all’esterno delle confezioni. Oltre che estesa agli ovoprodotti utilizzati nella trasformazione industriale.

Circa 13 miliardi di uova consumate negli ultimi 30 anni

Negli ultimi 30 anni – precisa la Coldiretti – i consumi nazionali di uova sono aumentati raggiungendo la cifra record di 13 miliardi di pezzi all’anno che significa una media di circa 215 uova a testa, quasi interamente Made in Italy. Grazie all’offerta di una platea di 40 milioni di galline ovaiole presenti in 14.400 allevamenti italiani secondo elaborazioni Coldiretti su dati Ismea. Circa la metà delle uova proviene dal nord Italia con il 17% dalla Lombardia e il 16% rispettivamente in Emilia Romagna e Veneto. Ma si tratta di un prodotto presente su tutto il territorio nazionale e che si può acquistare ovunque. Dai negozi ai supermercati fino ai mercati degli agricoltori di Campagna Amica dove si possono trovare quelle ruspanti che arrivano dagli allevamenti locali.

Le uova di gallina – sottolinea la Coldiretti – hanno oggi un sistema di etichettatura obbligatorio che consente di distinguere tra l’altro la provenienza e il metodo di allevamento. Con un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT), seguono le indicazioni relative al codice ISTAT del Comune, alla sigla della Provincia e, infine il codice distintivo dell’allevatore. A queste informazioni si aggiungono – conclude la Coldiretti – quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale). Per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S).

(LaPresse)

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome