Genovese, giudice: “Lucido durante le violenze, feste specchietto per allodole”

Sesso sotto l'effetto di droga - anche se ancora abbastanza "lucido" per comprendere quello che accadeva - con partner che invece erano incoscienti, stordite da un mix di alcol e sostanze.

Foto Claudio Furlan/LaPresse 18-09-2022 Milano , Alberto Genovese in tribunale all’uscita dell’aula dopo la sentenza di condanna Photo Claudio Furlan / LaPresse 09/18-2022 Milan, Alberto Genovese in court at the exit of the courtroom after the conviction

Sesso sotto l’effetto di droga – anche se ancora abbastanza “lucido” per comprendere quello che accadeva – con partner che invece erano incoscienti, stordite da un mix di alcol e sostanze. Era questo il “chem sex”, il sesso sotto effetto di sostanze, che Alberto Genovese praticava anche insieme alla ex compagna Sarah Borruso. È questo il quadro che emerge dalle pagine delle motivazioni della sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari, Chiara Valori, ha condannato Genovese a 8 anni e 4 mesi con il rito abbreviato per gli abusi a Terrazza Sentimento di Milano e a Villa Lolita di Ibiza. Condannata a 2 anni e 4 mesi anche Borruso, che aveva partecipato al secondo episodio, e che sarebbe stata soggiogata dal compagno, dopo essere stata a sua volta vittima in passato delle condotte di Genovese”.

Ai party del ‘re delle start up’, organizzati con maggiore frequenza durante il lockdown dal suo braccio destro Daniele Leali (indagato in un secondo filone di indagine), le ragazze arrivavano numerose. Tra gli invitati c’erano “personaggi del mondo dello spettacolo” che erano utilizzati come “specchietti per le allodole” dal padrone di casa. Ad attrarre le giovani ospiti, desiderose di farsi strada, anche il “lusso” del suo attico vista Duomo. O semplicemente la possibilità di “bere, mangiare e potersi drogare gratis”.

Tutta la vita dell’imprenditore del settore digital, per il giudice, ruotava attorno ad una “sessualità” estrema e violenta, che ha portato agli abusi ai danni di due giovani modelle di 18 e 21 anni. E ad altri presunti stupri nei confronti di altre due giovanissime, finiti al centro di una seconda tranche dell’inchiesta e ad un nuovo avviso di conclusione indagini da poco notificato all’imprenditore.

Per il giudice, infatti, Genovese “ha scientemente e pervicacemente organizzato la propria vita relazionale intorno ad una sessualità” estrema. Le vittime erano “ragazze attratte dal lusso che lo circondava, dalla supposta capacità di inserirle in un mondo di privilegi o anche solo dalla grande disponibilità di sostanza stupefacente che egli era in grado di procurare”. E per questo “volontariamente si recavano a casa sua e nella sua camera da letto”.

“Lo scopo perseguito” di Genovese, per il giudice, “è stato sempre evidentemente quello della ricerca del massimo piacere personale”. Non solo. “Appare pregnante anche l’intensità del dolo e la spregiudicatezza con cui l’intento edonistico è stato perseguito”.

Genovese, che si vantava anche “della propria profonda conoscenza delle sostanze stupefacenti e della propria capacità di dominarne gli effetti”, durante le violenze avrebbe sempre agito in “condizioni vigili”. Le sue vittime, invece, erano “in uno stato di sostanziale incoscienza”.

Il giudice, infine, ha valutato positivamente il “percorso” di recupero affrontato dall’imprenditore dopo il suo arresto avvenuto nel novembre 2020. “Genovese dopo la cattura – si legge ancora – non solo ha positivamente intrapreso un lungo percorso di disintossicazione, ma si è anche fattivamente adoperato per riparare il danno da reato”. Il tutto offrendo un risarcimento alle ragazze. Non solo. “Vanno anche apprezzati il corretto comportamento tenuto nel corso del giudizio e la collaborazione processuale prestata”. Per questo il gup ha riconosciuto le attenuanti generiche.

di Benedetta Dalla Rovere

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