Gravidanze, i rischi dell’inquinamento

Sostanze nocive nelle donne incinte: l’allarme dei ricercatori statunitensi

NAPOLI (Francesco Pari) – La presenza di sostanze chimiche nocive, utilizzate nella produzione di plastica e in diverse applicazioni industriali, nel sangue delle donne incinte è un problema sempre più rilevante per la salute delle madri e dei loro bambini. Ricercatori della California hanno recentemente pubblicato uno studio sulla rivista “Environmental Health Perspectives”, rivelando che molte delle sostanze chimiche a cui le persone sono abitualmente esposte possono causare cambiamenti sottili, ma dannosi e permanenti, per la salute. Una problema già rivelato in passato ma che viene ora analizzato da nuove prospettive.

Il team di ricercatori dell’Università della California di San Francisco (UCSF), guidato dalla professoressa e direttrice del programma sulla salute riproduttiva e l’ambiente, Tracey Woodruff, ha analizzato campioni di sangue di 302 donne in gravidanza e del sangue del cordone ombelicale dei loro bambini. Le loro scoperte hanno evidenziato la presenza di molte sostanze chimiche dannose, inclusi i per/polifluoroalchilici (PFAS).

In particolare, il 97% dei campioni di sangue conteneva il PFAS noto come PFOS, strettamente associato a molteplici gravi problemi di salute, compresi difetti alla nascita. Altre sostanze chimiche rinvenute nella maggior parte delle donne incinte includevano acidi grassi anormali e altre sostanze utilizzate per produrre pesticidi, alcuni farmaci e plastica.

Le conseguenze di queste esposizioni chimiche possono essere devastanti per la salute materna e neonatale. Molte delle sostanze chimiche individuate nel sangue materno sono state associate ad aumentati rischi di diabete gestazionale, pre-eclampsia (una complicanza grave e talvolta mortale della gravidanza) e ipertensione correlata alla gravidanza. Gli acidi grassi a catena lunga trovati nello studio sono particolarmente preoccupanti poiché sono stati precedentemente riscontrati solo in persone affette dalla sindrome di Reye, una grave condizione che colpisce il fegato e il cervello, ma non in individui sani.

Queste scoperte rappresentano un campanello d’allarme per tutti. La ricerca fornisce prove concrete, per quanto dovranno essere analizzate anche da altri esperti, dell’esposizione continua a sostanze chimiche nocive e delle conseguenze per la salute umana. È essenziale che i decisori politici prendano misure immediate per proteggere la salute pubblica e ridurre il rischio di esposizione a queste sostanze chimiche pericolose.

Parallelamente, il gruppo di attivisti statunitensi, l’Environmental Working Group (EWG), ha commissionato nuovi test sull’acqua potabile di diverse città statunitensi, rilevando la “presenza diffusa” di PFAS. Questi composti chimici, noti come “sostanze chimiche per sempre”, non si degradano naturalmente e persistono nell’ambiente (foto Lp), contaminando sia l’acqua che i corpi di animali e persone. Ciò ha portato a problemi di salute come il cancro, la diminuzione della fertilità e le malattie renali.

Il fatto che il 45% dell’acqua potabile negli Stati Uniti sia contaminata da PFAS evidenzia l’urgenza di affrontare questo problema a livello globale. Più di 12.000 tipi di sostanze chimiche PFAS sono stati identificati, e la loro presenza rappresenta una minaccia significativa per la salute e l’ambiente.

L’allarme c’è ed ora diventa indispensabile che le autorità prendano in considerazione interventi importanti per limitare l’uso di queste sostanze chimiche dannose, incentivando l’adozione di alternative sicure e sostenibili. Inoltre, occorre sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di una gestione responsabile dei rifiuti plastici e delle sostanze chimiche industriali, non solo per proteggere la salute delle madri e dei bambini, ma anche per preservare la salute del pianeta. Solo attraverso un’azione congiunta di politici, industrie e cittadini possiamo sperare di invertire questa pericolosa tendenza e costruire un futuro più sano e sostenibile.

Anche perché i pericoli sono in costante aumento. Secondo lo studio School of Public Health della Sun Yat-sen University di Guangzhou in Cina, pubblicato sulla rivista di riferimento dell’American Heart Association, Circulation, il rischio di un attacco cardiaco fatale può raddoppiare nei giorni di ondate di calore e di elevato inquinamento da polveri sottili. L’analisi, condotta su oltre 202.000 decessi per infarto tra il 2015 e il 2020 in un’unica provincia cinese, ha rilevato che i giorni di caldo estremo, freddo estremo e alti livelli di inquinamento da polveri sottili sono stati significativamente associati al rischio di morte per infarto, soprattutto nelle donne e negli adulti più anziani. Bisogna fare qualcosa.

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