Il Rubicone

Vincenzo D'Anna

NAPOLI – La scuola italiana è in continuo costante declino. L’ultima bocciatura viene dall’OCSE, l’Organizzazione europea per l’economia e lo sviluppo, che pone l’Italia al 25esimo posto su 36 nazioni. Per capirci, siamo a livello della Lettonia e dell’Islanda, soprattutto per quanto concerne la lettura e la comprensione del testo letto. In soldoni: gli studenti del Belpaese poco capiscono di quello che leggono in classe. È questa la pietosa rappresentazione della “Scuola italiana”, il più grande ente statale dell’intera Europa, con circa un milione di addetti ai lavori, per otto milioni di alunni. Insomma, un ammortizzatore sociale, utilizzato per dare occupazione a quei ceti sociali che hanno acquisito almeno un titolo di studio, in particolare nel Mezzogiorno. E tuttavia confido che almeno sia nota e viva, nella memoria di tutti, quella parte della Storia di Roma antica come il passaggio del fiume Rubicone da parte di Caio Giulio Cesare. Una decisione con la quale il condottiero romano portò le legioni armate oltre la distanza minima consentita dalla legge dando così vita alla guerra civile contro il Senato e contro Pompeo Magno (che difendeva le istanze repubblicane). Il Rubicone ora è poco più che un torrente, ubicato in Emilia Romagna, una terra che, per i corsi ed i ricorsi storici, torna ad essere decisiva per le sorti del governo di Roma e per la vita stessa della legislatura parlamentare. In questo caso, però, non ci sono le quadrate schiere dei legionari a minacciare la Repubblica, né il truce Matteo Salvini a vestire i panni dittatoriali di Giulio Cesare. Nossignore. Oltre il Rubicone, stavolta, c’è una partita elettorale tutta da giocare: quella della sopravvivenza dell’esecutivo giallorosso. Saranno, infatti, le urne a decidere se il leader della Lega, a capo del centrodestra, riuscirà a spodestare il governo di Giuseppe Conte, sostenuto da Beppe Grillo e da Dario Franceschini, quest’ultimo vero dominus in casa Pd.


Si frappone tra questo evento vittorioso, presagito da plurimi sondaggi d’opinione, la neo formazione para politica delle “Sardine”, il movimento che occupa le piazze in vece dei tradizionali partiti (M5S e sinistra), per sbarrare la strada alle presunte voglie egemoniche di Salvini ed al rischio che correrebbe la democrazia tricolore, per mano del clima d’odio propalato dalla politica del leghista.


Ora, al di là dell’enfatizzazione che la stampa di sinistra ha dato al movimento dei giovani, quello di un moto naturale di dissenso che nasce dal basso e che pertanto non ha etichette, il fenomeno si sta rivelando tutt’altro che neutro. Ormai è chiaro che le esangui truppe piddine e quelle pentastellate, non sono più nella condizione di radunare folle e di occupare piazze, non fosse altro perché governano e non hanno a chi addossare le colpe di ogni nefandezza così come accadeva in passato. Le “Sardine” cantano “bella ciao” e si orientano a svolgere il ruolo di antagoniste del centrodestra, a partire dall’Emilia Romagna. Una caduta della regione rossa segnerebbe, infatti, una disfatta per le forze di governo ma anche e soprattutto per il Pd, principale partito della sinistra italiana. Eppure, nonostante la mobilitazione dei ragazzi, il successo sembra arridere a Salvini.
Se utilizziamo un po’ di memoria dei precedenti esiti elettorali in Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, il governatore uscente, vinse, nell’ultima tornata elettorale, con una maggioranza relativa calcolata intorno al 40% dei votanti, in una regione ove in passato la percentuale sfiorava il 70%. Questo già allora era significativo di un distacco degli elettori tradizionalmente di sinistra dal modello emiliano, statalista e pubblicista, fatto di egemonia del partito e degli interessi delle cooperative rosse. Il fallimento di quella politica e di quella classe dirigente si rivelò più che evidente, nonostante avesse vinto il candidato della sinistra.


Vennero in seguito i successi leghisti in Comuni di tradizione rossa, ed alle europee, in Emilia Romagna, la Lega diventò il primo partito col 34% dei consensi: due punti in più rispetto ai dem. Se il vento in poppa dovesse tenere ancora, non si vede come e perché la Lega ed il centrodestra non possano vincere abbastanza nettamente. Oggi la sinistra si illude che una banda di ragazzi più o meno smaliziati e di parte, possa ribaltare una situazione che appare abbastanza evidente in favore di Salvini. Se cade l’Emilia Romagna cadrà Roma ed andremo ad elezioni anticipate. Le restanti consultazioni regionali (Calabria e Campania) saranno, verosimilmente, svolte insieme alle politiche. Una mutata condizione che cambierebbe molte cose sullo scacchiere degli enti locali, e che favorirebbe vieppiù la coalizione di centrodestra. Se questo sarà, non occorrerà lo storico Svetonio per riportare che il “dado è tratto”.

*ex parlamentare

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome