Indennità non restituite, scoppia il caos nel Movimento 5 Stelle

Il tesoriere sollecita i morosi dopo la segnalazione di “Cronache”

NAPOLI – Volevano che l’impegno mancato di tagliarsi lo stipendio passasse in cavalleria, invece Cronache ha sollevato il tema ‘morosi’ 5 Stelle e tra risentiti e ‘precisatori’, guarda caso dopo la pubblicazione del nostro articolo ieri, si sono scomodati sottosegretari, parlamentari e consiglieri regionali. Appurato che, stando alle ultime rendicontazioni pubblicate sul sito TiRendiconto prima che venisse oscurato, diversi tra deputati e senatori a giugno scorso risultavano in ritardo con le restituzioni, il tesoriere grillino Claudio Cominardi non ha potuto far altro che inviare una mail di sollecito di pagamento chiedendo ai morosi di ‘provvedere immediatamente ad effettuare i versamenti mancanti’. Cosa che i diretti interessati, stando a voci interne al Movimento, non hanno gradito. Così come non ha gradito l’inserimento fra chi, sempre stando alla schermata di TiRendiconto di giugno scorso, non risultava in regola, il sottosegretario al ministero dell’Interno Carlo Sibilia che in una nota a Cronache ha voluto precisare: “Smentisco caterigoricamente di essere moroso nelle restituzioni al MoVimento – si legge – Per la precisione, ad oggi ho restituito più di 260mila euro del mio stipendio e sono in regola con tutti i pagamenti che abbiamo, vale la pena di ricordarlo, autonomamente deciso di effettuare per effetto di un impegno assunto con i nostri elettori e con gli italiani. Con una parte di quei soldi abbiamo negli anni finanziato la nascita di aziende attraverso il fondo per il microcredito alle piccole e medie imprese. Siamo gli unici a farlo, sarebbe un bene se lo facessero tutti i partiti”. Fatta la precisazione il sottosegretario, seppur pungolato in merito, ha preferito non esprimere nessuna posizione rispetto ai morosi. Un no comment che sembra confermare l’imbarazzo che regna tra i pentastellati che, non per obbligo di legge, ma per un regolamento accettato e sottoscritto prima della candidatura, hanno assunto l’impegno di tagliarsi lo stipendio e versarlo, prima sul fondo per le Pmi o alla protezione civile, poi su un conto corrente privato intestato a capo politico e capogruppo di Camera e Senato.

All’inizio chi non si atteneva a questa regola veniva espulso, poi col passare del tempo le espulsioni sono state sostituite da provvedimenti disciplinari come le sospensioni, e per mesi fino a ieri nessuno ha più parlato dell’argomento. Ormai il coperchio della pentola grillina è stato sollevato e pare che tra i morosi ci sia chi intende ribellarsi alla regola inizialmente condivisa pur di ‘non mettere mano al portafogli’: minacciano querele laddove il loro nome venisse reso pubblico e puntano il dito contro il leader Giuseppe Conte. “Come parlamentari non siamo tenuti a pagare un bel nulla – hanno detto – Lo statuto è stato cambiato quando già eravamo eletti, nessuno ci può obbligare a rispettarlo”. Peccato che questa regola ci sia sempre stata e non nasca con il nuovo statuto. Poi il j’accuse a Giuseppi. “Perché lui non versa un euro? – hanno aggiunto i pavidi off the record – Perché non se la fa pagare da quelli che ha messo in segreteria, gli unici che sono sicuri di essere rieletti?”. E’ chiaro che chi non ha tenuto fede alla parola data fino ad ora non lo farà in futuro. Da qui l’ammonimento del consigliere regionale campano Luigi Cirillo. “Come consigliere regionale ho l’obbligo di dare un contributo mensile al Movimento e sono fermo ad agosto 2021 – ha spiegato – Per il resto sono pronto a rendicontare, aspetto la nuova piattaforma che ancora non c’è. Per quanto riguarda i parlamentari morosi è imbarazzante che persone che hanno preso un impegno prima della candidatura ad oggi non abbiano ancora restituito. Non dovrebbe essere Conte a ricordare ad un eletto di restituire. Come rappresentanti istituzionali dovremmo essere i primi a dare un segnale di rispetto delle regole interne”.

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