L’Istat conferma: l’economia italiana cresce più lentamente

Cala la fiducia delle imprese e dei consumatori. Male anche il settore manifatturiero

Istat: l'economia italiana cresce più lentamente
Foto LaPresse

ROMA (Giovanni Ibello) Nell’ultima nota mensile sull’andamento dell’economia italiana, l’Istat conferma un parziale rallentamento della crescita del Paese. C’è dunque una tendenza al ribasso, un clima in cui la fiducia dei consumatori tende a diminuire, fermo restando che il rendimento generale si assesta su indici incoraggianti. Pertanto, bisogna prestare debita attenzione a questi dati, senza però farsi prendere dal panico. E’ necessario valutare le avvisaglie e procedere con i correttivi del caso.

Istat: male le imprese e il settore manifatturiero. Bene le costruzioni

I numeri, tuttavia, non lasciano spazio a interpretazioni. Cala la fiducia delle imprese con conseguenze dirette che ricadono inevitabilmente sul commercio. La conferma del rallentamento della produzione è data dalla flessione del grado di utilizzo degli impianti. Male anche il settore manifatturiero, la cui decrescita è attribuibile alla componente degli ordini. Diversamente, cresce il settore delle costruzioni i cui riscontri sono positivi. In particolare, i dati dell’Istituto nazionale di statistica rivelano che, per quanto concerne il primo trimestre dell’anno, l’economia italiana è cresciuta alla stessa velocità dei trimestri precedenti. Aumenta anche il dato relativo all’occupazione con qualche segnale di flessione relativo all’impiego femminile, attualmente in pausa. Rallenta il commercio internazionale e, più in generale, l’economia dell’area Euro. L’inflazione si conferma in fase di ripiegamento. Insomma, la fiducia di imprese e famiglie è meno granitica rispetto a qualche tempo fa. La flessione incide sull’entusiasmo, di conseguenza, sulla capacità di spesa dei consumatori.

Eurozona, una crescita poco omogenea

Dalla lettura di questi dati emerge che l’economia italiana fatica a tornare a un fisiologico ritmo di crescita. Oliver Eichmann, co-head European rates di Dws, interpellato sulla questione ha ammesso che “fin dagli albori dell’unione monetaria, gli stati dell’Eurozona hanno seguito percorsi di crescita individuale. La Germania, ad esempio, ha avuto un inizio debole, ma poi è cresciuta negli ultimi dieci anni. Lo stesso non si può dire di altri Paesi”, come appunto l’Italia.

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