La Resistenza dei soliti noti

Anche quest’anno si è celebrato l’anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Quella che nelle trascorse edizioni era (quasi) diventata una ricorrenza che aveva finalmente abbandonato la partigianeria e l’apologia di una storia per lungo tempo piegata – da talune componenti politiche – a narrazione di parte e monotona, ancorché mendace, è ridiventata motivo di accuse e rivendicazioni. Lo dimostrano un paio di episodi sconcertanti e miserabili come le foto, apparse a Napoli, di Giorgia Meloni ed Ignazio La Russa a testa in giù come accadde con i corpi di Benito Mussolini, Claretta Petacci e degli altri gerarchi fascisti, appesi al traliccio di un distributore di benzina in piazzale Loreto, a Milano, il 29 aprile del 1945. Peggio ancora la lettera fatta pervenire ai giornali contenenti minacce per la piccola figlia del primo ministro. Insomma: siamo al cospetto di un revanscismo manicheo che viene inscenato in maniera calcolata per rilanciare il movimento delle varie sinistre militanti, uscite malconce dall’ultimo verdetto elettorale. Un modo, se vogliamo, per rimarcare come al governo siano giunti non già quelli che sono stati democraticamente e liberamente votati ma gli eredi di quella stessa nefasta ideologia dittatoriale stroncata quasi 80 anni fa. Ci troviamo innanzi ad una vecchia e consumata tattica, da sempre utilizzata dai “sinceri democratici”, come amavano definirsi i social comunisti nei tempi andati, per criminalizzare gli avversari politici trasformandoli in nemici del popolo e della nazione. Tutto questo è stato reso possibile dalla mai sopita doppiezza morale di quelli che muovendosi, un tempo, nell’orbita dei “falce e martello”, salvo poi accasarsi sotto altre diverse sigle, si sono sempre ritenuti emendati dalle loro colpe storiche e trasformati, come d’incanto, in perfetti “liberali”. Tanto perfetti da puntare il dito verso coloro che, sulla sponda opposta della destra, avevano sì fatto l’identico e speculare percorso palingenetico, ma non erano mai stati creduti cambiati in senso “moderato”. Come dire: due pesi e due misure. In un’intervista uno degli organizzatori della manifestazione nazionale di Milano ha messo in dubbio che quei politici siano effettivamente e “profondamente” ( sic!!) anti fascisti, nonostante sul versante della sinistra ci siano ancora partiti che si richiamano esplicitamente al comunismo. Insomma: una doppia misura che pare essere consustanziale a taluni, ossia ad ex, post o vetero marxisti. Ora che l’egemonia culturale delle sinistre è tramontata, ora che la Storia ha maturato la propria vittoria sulle menzogne propinate alle masse nel passato su quel nefasto regime dittatoriale e sull’impero del male che aveva avuto origine nei Soviet di Mosca, diventa difficile propinare versioni edulcorate di quel tragico regime infame e liberticida!! Una nuova condizione culturale ha permesso anche di revisionare, documenti alla mano (peraltro estratti dagli archivi del Cremlino, dopo la “Glasnost” di Michail Gorbachov), la vera narrazione dell’epopea storica della Resistenza italiana, proposta per anni come evento egemonizzato e determinato dai soli partigiani comunisti. I libri di Gianpaolo Pansa e di altri intellettuali, peraltro anche di fede socialista, hanno squarciato già da tempo il velo mendace che era stato stesso su quei fatti. La Resistenza fu un evento al quale parteciparono militanti laici, cattolici e social comunisti, oltre che una buona parte di reparti sbandati del Regio Esercito dopo quel fatidico armistizio con gli Alleati l’otto settembre del 1943. Durante quella lotta le brigate comuniste si macchiarono (anche) di efferati delitti chiudendo i conti con gli altri partigiani di fede politica diversa e prendendosela finanche con inermi cittadini (a cominciare dai sacerdoti). Nessuno però ha equiparato quegli episodi al valore complessivo della resistenza, episodi crudeli a parte. Senza cadere nell’errore di parificare quanti combatterono per la libertà con quelli che invece difendevano la dittatura appena tramontata, bisogna comunque dire che ancora oggi nella sinistra italiana regna la presunzione intollerabile di essere l’unica forza in grado di elargire patenti di democraticità e di anti fascismo. Non richiamerò il ruolo, peraltro decisivo, svolto dalle truppe anglo americane, che sconfissero militarmente le forze tedesche di occupazione, migliaia di caduti per la nostra libertà, per ribadire come vada dato onore e riconoscenza soprattutto agli italiani che comunque vollero liberarsi anche da soli dal tallone dell’oppressore. Dico però che fino a quando il 25 aprile verrà utilizzato per strumentalizzare la storia ed esorcizzare l’avversario di oggi più che esecrare le gesta di quello di ieri, quella data non diventerà mai l’occasione per rivendicare la vera gloria per tutti gli italiani. A distanza di anni, la Storia rende ormai ridicole sia le pretese egemoniche che i pretesti che le presuppongono. Onore a tutti i caduti, dunque. Basterebbe dire questo in un Paese normale che non ignori il proprio passato, che non pretenda di asservire la propria eredità ai calcoli di piccolo cabotaggio della cosiddetta “cronaca politica”.
*ex parlamentare
© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome