L’oppio degli intellettuali

L'intervento dell'ex parlamentare su "Cronache"

Vincenzo D'Anna

Non è la prima volta nella storia europea ed in particolare in quella Italiana, che il governo si ritrova nelle mani di sedicenti rivoluzionari, orecchianti della politica assurti al governo della Nazione grazie a quella che F.A. Von Hayek chiamò “selezione negativa della classe dirigente”. Una “scelta” che operata in taluni frangenti storici ed in particolari condizioni di sommovimento sociale. E’ risaputo, d’altronde, come la massa profana tenda più facilmente ad “orientarsi” quando le vengono proposte (ed ossessivamente ripetute) idee semplici quanto mendaci, eufoniche e salvifiche, al tempo stesso, degli interessi personali. Meglio ancora se quell’idea martellante riesce ad eccitare l’odio ed il rancore sociale nei confronti della classe dirigente, descritta come causa vera e prima di tutti i malesseri sociali.
L’uso sapiente della propaganda e dei suoi accostamenti maliziosi, propalata ad arte grazie all’uso spregiudicato della rete, porta gli elettori al diffuso convincimento che le parole d’ordine siano vere, spingendoli al discredito delle istituzioni ed alla condivisione di un’idea sbrigativa quanto falsa della democrazia parlamentare. In sostanza: la narrazione storica e politica dei moderni “Sanculotti Grillini”, da sempre basata sulla più semplice e diffusa caratteristica dei populisti: offrire risposte semplici a domande complesse.
Perdurante la crisi economica italiana, accentuata dalla grave mole del debito Statale, è stato facile illudere gli italiani che era a portata di mano, per loro, una soluzione salvifica, sia per le coscienze (avvezze per decenni ad adeguarsi), sia per le tasche abituate all’assistenza proveniente dalla greppia statale. Insomma: il familismo amorale che aveva, di volta in volta, trasformato i cittadini (che di mestiere facevano gli elettori) ora in sudditi ossequienti ora in clienti, spariva d’incanto. Fu così che i beneficiari delle svariate forme di elargizioni statali potettero invocare punizioni esemplari per coloro che gliele avevano riconosciute.
Non fu protesta di strada, come quella violenta e confusa dei “gilet gialli” francesi, ma un sordido e progressivo maturare disprezzo per tutto ciò che era stato fino a quel momento. La “novità” e nient’altro, ancorché priva degli strumenti culturali e delle esperienze necessarie per amministrare una Nazione, divenne la panacea di tutti i mali.
La navicella levò allora le ancore.
Da un anno vaga in un mare procelloso, senza un orizzonte di certezza sulla base di una rotta raffazzonata, in quanto sintesi di pre-elettorali antitesi politiche.
La povertà del quadro politico, la mancanza di un contenitore riformista capace di accogliere tutti quelli che hanno capito quanto sciagurata sia l’esperienza del governo giallo verde, quanto indispensabile sia la necessità di riformare lo Stato (giustizia, fisco, scuola, burocrazia, Sanità), paralizza le forze vive ed avvedute pur presenti nella società italiana.
A chi tocca il compito di gridare che il re è nudo, che stiamo tornando indietro verso una recessione economica che vanifica tutti i sacrifici degli anni precedenti? A chi compete elaborare un progetto politico se non agli intellettuali di ogni ordine e grado? A chi affidare la rifondazione dei partiti, assoggettandoli a divenire enti di diritto pubblico, finanziati e controllati, nella prassi democratica interna, da un apposita autority? Come correggere i guasti e le scorciatoie democratiche (indotte) dei partiti personali, quasi sempre finiti in satrapie senili o cancellati da intoppi giudiziari? Come avvicinare di nuovo l’elettorato acculturato, quello che ancora diserta le urne, sottraendo la democrazia italiana all’apologia delle shampiste?
Il politologo liberale Raymond Aron scrisse uno dei saggi di sociologia politica più interessanti del secolo scorso: l’Oppio degli intellettuali. Un libro con il quale l’autore denunciò la fallacia delle teorie marxiste e dei regimi totalitari, ma al contempo analizzò il rapporto tra intellettuali e politica. Aron fustigò l’opportunismo, l’ignavia dei tanti che potendo spender i propri talenti per rendere un servizio al bene comune, si crogiolavano nel disinteresse e nella critica sussiegosa della crisi del loro tempo. Ricordiamo che coloro che furono ottimisti innanzi ai totalitarismi del XX secolo, finirono nei campi di concentramento. Quelli più pessimisti, invece, fuggendo per tempo, si ritrovarono al sole di Miami. Idea salvifica ma piuttosto miserabile, perché lasciando il governo delle nazioni alla massa che poi si trasforma in plebe, diventarono essi stessi complici di quelle tragedie. Quale è oggi l’oppio degli intellettuali in Italia?

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome