Manuel Ruggiero (118): “Non considerateci eroi, ma rispettate il nostro lavoro”

Manuel Ruggiero, medico del 118 a Napoli
Manuel Ruggiero, medico del 118 a Napoli

Ha occhi chiari, profondi e una voce fresca, brillante. Si chiama Manuel Ruggiero, fa il medico e lavora sulle ambulanze del 118 a Napoli. E’ uno di prima linea, il dottor Ruggiero e ogni giorno saluta moglie e figlia per andare in trincea. E’ uno degli ‘eroi normali’ in camice bianco, o meglio, in tuta anticontaminazione.

Com’è osservare quest’emergenza dal fronte?

Quando le persone ci incrociano per strada con addosso le tute arancioni spesso ci evitano fisicamente – spiega – La gente attribuisce a noi un eventuale pericolo di contagio e preferisce spostarsi al nostro passaggio, girare alla larga. Si può capire. Non sanno che quando ci muoviamo per recarci su un sospetto Covid siamo vestiti non di arancione, ma con tute bianche, guanti, copricapi e mascherine.

E’ uno degli incerti del mestiere…

L’altra faccia della medaglia è che vediamo gruppi di gente che, con aria struggente, ci avvicina e chiede le mascherine. A noi fa molto più male dire di no. Noi siamo in servizio per aiutare e prevenire e non avremmo alcun interesse a non regalare mascherine , ma purtroppo a nostra volta dobbiamo centellinarle. Per ogni intervento di un sospetto Covid abbiamo in dotazione tre mascherine. Tra il vestirsi, andare dal paziente, trasferirlo, sanificarsi, spogliarsi e ritornare a prendere i dispositivi di protezione alla centrale perdiamo dalle due alle tre ore quando va bene e gli ospedali sono liberi.

Manuel Ruggiero, infermiere del 118 a Napoli altra foto
Manuel Ruggiero, medico del 118 a Napoli

E se non lo sono?

“Se a Napoli sono pieni e non possono accogliere un ricovero, siamo costretti ad allontanarci verso altre città della Campania, fino ad andare anche fuori regione. Ma non tutti hanno bisogno di ricovero, molti fortunatamente sono in condizioni tali da restare a casa”.

In trincea non si va senz’armi… I dispositivi di protezione?

“Adesso ci sono. In questi giorni non ho avuto difficoltà a reperire i Dpi”.

Lei è al vertice dell’associazione ‘Nessuno tocchi Ippocrate’ che, da molto tempo, è diventata un collettore per le segnalazioni relative alle aggressioni nei confronti del personale sanitario, medico o infermieristico. Di aggressioni si sente parlare meno, ma ci sono stati casi di sputi contro il personale sanitario…

“Già, adesso l’arma è lo sputo. Credono in questo modo di farci del male, di trasmetterci malattie. Il rischio, di fatto c’è. Equiparo un’aggressione del genere a un atto di terrorismo. Non ho altre parole. Tuttavia continuano le mini aggressioni verbali, soprattutto perché siamo costretti a dire no a chi ci chiede dispositivi di protezione”.

I camici bianchi in quest’emergenza sono visti come degli eroi, come gli unici in grado di proteggerci dal nemico invisibile che ci sta attaccando globalmente. Qualcosa potrà cambiare nella percezione comune del personale sanitario?

“Giusto il primo mese… poi tornerà tutto alla normalità. Una cosa sappiamo: l’Italia ci ha chiamato e noi, come facciamo tutti i giorni, abbiamo risposto. Qui da noi si dice che ‘Pulcinella lo vedono solo quando va in carrozza’. Noi non siamo gli ‘eroi del Coronavirus’, siamo invece gli eroi della tubercolosi, dei tumori, delle epatiti… insomma gli eroi di tutti i giorni, ma qualcuno lo ha dimenticato in passato aggredendoci quotidianamente. Oggi siamo diventati degli eroi? Oggi siamo rispettati? No grazie, non vogliamo la compassione riservata alla vittima sacrificale, esigiamo rispetto… anche quando tutto questo sarà finito. Si, l’Italia ci ha chiamato ed abbiamo risposto. Medici ed infermieri volontari, medici ed infermieri pensionati, medici e infermieri da altre nazioni, a migliaia. Noi ci siamo e ci saremo perché noi sappiamo coniugare bene il verbo ‘aiutare’. Tutto questo per dire che noi, come tutti i soldati, abbiamo una ottima preparazione ‘atletica’, ma senza armi adeguate il nemico non si può sconfiggere, ed ora come ora abbiamo a disposizione spesso e volentieri solo pistole ad acqua. Per questo il nostro slogan, usato ed abusato un po’ da tutti in questo periodo, deve tuonare dappertutto: aiutateci ad aiutarvi. Viviamo un momento di pace, ma poi cambierà tutto quando ci libereranno in sicurezza, magari obbligando tutti a indossare le mascherine quando scenderanno in strada. Nonostante sia un medico e possa camminare in strada, io rispetto il contenimento alla lettera. E’ questa la chiave per tutti, restare a casa”.

E quando tutto sarà finito?

“Quello sarà il momento in cui riposerò”.

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