Meduse, filtri ecologici del mare

Allo studio i progetti per catturare le microplastiche con il loro gel

NAPOLI – Sono un vero e proprio incubo per i bagnanti, ma in realtà sono preziosissime per i nostri mari. Le meduse sono creature straordinarie ed affascinanti. Si ritiene che popolino i mari da più di 500 milioni di anni, rappresentando quindi gli organismi viventi più antichi al mondo, più dei dinosauri. Ancora poco si conosce sul loro ciclo vitale ma si ritiene che alcune tipologie possano vivere per sempre, adattando le cellule all’ambiente in cui vivono. Si tratta di animali planctonici, organismi acquatici galleggianti che, non essendo in grado di dirigere attivamente il loro movimento (almeno in senso orizzontale), vengono trasportati passivamente dalle correnti e dal moto ondoso. Sono bistrattate per il potere urticante dei loro tentacoli, ma spesso non sono pericolose e, anzi, sul loro conto aleggiano una serie di falsi miti. Conosciamole meglio.

POTERE URTICANTE

Anche se non tutte le meduse sono urticanti, alcune sono particolarmente pericolose per l’uomo e in taluni casi possono anche causare la morte per shock anafilattico. Le sostanze urticanti liberate provocano una reazione infiammatoria acuta caratterizzata da eritema, gonfiore, vescicole e bolle, accompagnata da bruciore e sensazione di dolore. Questa reazione è dovuta all’effetto tossico diretto del liquido contenuto in tentacoli di medusa (nematocisti). A volte le meduse possono provocare lesioni cutanee ritardate nel tempo e reazioni allergiche anche gravi.

CHE FARE?

Sui rimedi alle ‘punture’ di medusa circolano una serie di falsi miti. Gli errori più comuni, e anche più dannosi, consistono nell’applicare ammoniaca, urina, limone, aceto o alcol sulla zona colpita: ciò provoca un peggioramento dell’irritazione. Se veniamo toccati bagniamo ripetutamente la zona interessata con acqua di mare. In questo modo aiuteremo a diluire le tossine rilasciate dai tentacoli non ancora penetrate nella pelle. Se invece usiamo acqua dolce favoriremo la rottura delle cnidocisti residue rimaste sulla pelle aumentando la sensazione di dolore. Puliamo poi con una carta di credito la pelle, in modo da eliminare i residui. Evitiamo assolutamente di raschiare con la sabbia, che peggiorerà la situazione. Poi applichiamo un gel o una crema a base di cloruro di alluminio, con una concentrazione che va dal 3 al 5%.

FILTRI DEL MARE

Altra leggenda riguarda lo spostamento delle meduse: è opinione diffusa che si trovino in acque pulite. In realtà non è così: le meduse hanno infatti un movimento passivo, ovvero si lasciano trasportare dalle correnti marine e quindi non si spostano, come i pesci, scegliendo le acque più cristalline. Le meduse vengono considerate ‘i filtri del mare’ poiché ricoprono un ruolo di primo piano nel mantenimento della salute della biodiversità marina contribuendo a bilanciare le catene alimentari.

IL PROGETTO GOJELLY

Il potere filtrante delle meduse potrebbe servire in futuro a pulire le acque dalla plastica. Gli scienziati di Pirano, in Slovenia, insieme a ricercatori di tutta Europa e Israele, stanno studiando gli animali per capire se possono essere utilizzate per combattere l’inquinamento da microplastiche. Il progetto dell’Ue si chiama ‘Gojelly’ e si chiuderà a dicembre di quest’anno. Ha ricevuto 6 milioni di euro di finanziamenti dall’Unione europea nell’ambito del programma Orizzonte 2020. L’obiettivo dei ricercatori è creare un filtro per gli impianti di trattamento delle acque reflue utilizzando il muco delle meduse. Il fine ultimo è ridurre le microplastiche negli oceani del mondo intrappolandole nel gel di cui sono costituiti questi affascinanti animali. Un filtro così realizzato sarebbe del tutto ecologico ma potrebbe tuttavia non essere sostenibile su larga scala. Per questo motivo lo studio dovrebbe anche cercare di realizzare una versione sintetica del muco di medusa. Nei prossimi mesi si avrà una visione più chiara anche se emergono già molti dati interessanti sull’impiego delle meduse in cucina come cibo del futuro. Un’opportunità che è già realtà nel Sudest Asiatico, dove alcune meduse vengono consumate a tavola, ma che in Europa è solo ad uno stadio embrionale.

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