Per chi suona la campana?

“Campane a martello” gridava don Abbondio al sagrestano affinché gli intrusi, che gli erano piombati in casa per ottenere il consenso al rito matrimoniale dei “promessi sposi”, fossero messi in fuga da quel suono particolare che annunciava, a tutto il contado, una mala nuova. E di campane a martello avremmo oggi un gran bisogno per svegliare molte anime sopite che si barcamenano ipocritamente sulla guerra che proditoriamente è stata dichiarata conto lo Stato d’Israele dai terroristi di Hamas e dallo stesso stato palestinese che li copre e li arma con i soldi che la Comunità Europea stanzia per la Palestina. Dopo i giorni della condanna e dell’esecrazione, senza condizione alcuna, dopo i giorni della sanguinosa barbarie compiuta il 7 ottobre dai terroristi contro persone inermi, finanche bambini in tenera età, trucidati, bruciati, fatti a pezzi senza alcuna remora morale, la denuncia si è semplicemente esaurita. Pian piano stanno venendo fuori le dichiarazioni di convenienza, quelle che assimilano la violenza di chi la propone (Hamas) con la violenza di chi si difende (Israele). La summa di questa ipocrita doppiezza si è consacrata con il vertice tenutosi al Cairo in Egitto per la pace in Medio Oriente, al quale ha partecipato il presidente dello Stato di Palestina Abu Mazen ed esponenti del suo governo che, guarda caso, è composto anche da rappresentanti di Hamas: insomma siamo all’ipocrisia di condannare Hamas e di far finta, al tempo stesso, di ignorare che Hamas sia organica e consustanziale al governo ed allo Stato della Palestina. Si sviluppa su questa “bugia” un pacifismo, un moto di solidarietà che esalta lo stato palestinese ed il suo popolo quasi fosse entità estranea ai terroristi. Un pacifismo che col passare dei giorni archivia i mille morti dei Kibbutz e le atrocità perpetrate e vira contro gli Ebrei (per rancore religioso) e contro il Sionismo (la dottrina politica ed economica sviluppata in Israele), per odio  anti capitalistico verso uno Stato prospero e moderno. Sissignore: uno Stato che è riuscito a migliorare pur senza poter godere di fonti naturali come il petrolio di cui godono gli arabi, facendo fiorire il deserto con agrumeti e coltivazioni di ogni genere senza mai stendere la mano verso chicchessia. Insomma da oltre mezzo secolo il mondo arabo considera Israele un’eccezione che per paragone mette a nudo le inefficienze di molti loro Stati governati da satrapie familiari, golpisti e dittatori, con costituzioni farlocche ispirate ai dettami della fede religiosa e non alle democrazie ed alle libertà individuali ad esse associate. Stati arabi che presentano pesanti limiti sul piano delle libertà e dei diritti individuali, stili di vita imposti e coercitivi da osservare in nome del Dio in cui credono i Musulmani oppure per volontà dei tiranni che li governano. Pare invece che i palestinesi scannando gli ebrei siano diventati partigiani  della libertà e della democrazia, che non hanno mai conosciuto né voluto. E’ anche basato su questo stridente contrasto l’odio arabo, lo scontro e le aggressioni militari perpetrate degli Arabi, in cinquant’anni, nei confronti degli Israeliani. Cacciati dalla Giordania dal Re Hussein, di culto musulmano Hascemita, sulla sponda sinistra del fiume Giordano, questa massa di persone, poco meno di due milioni di persone,  definitesi, motu proprio,  palestinesi, ossia abitanti di un intera regione geografica comprendente più nazioni ed etnie, protettorato britannico nel dopo guerra. Una rivendicazione, quella palestinese, che è utilizzata come contraltare agli insediamenti israeliani in quelle zone. Insomma la questione è strumentalmente utilizzata da altri paesi arabi (Siria, Libano, Oman, Iran) in funzione anti semita. Nel mentre l’Occidente guarda ad Israele come ad uno Stato moderno e democratico, in un’area in cui i diritti civili, le elezioni e la scelta della classe dirigente sono una assoluta rarità e nella quale milioni di persone vivono ancora arcaicamente e dell’elemosina internazionale. Quindi l’equiparazione tra due popoli e due Stati profondamente diversi è un’altra grande ipocrisia politica, che non vuole tener conto di quello che storicamente si è determinato in Israele sul piano politico, economico, civile ed in tanti altri rami della scienza e della conoscenza. I palestinesi servono ai paesi arabi per arginare quella nazione e cancellarne il credo religioso ed il modello di Stato moderno e progredito. Se le fazioni che si fronteggiano hanno eredità culturali, politiche, economiche, stili di vita completamente diversi, c’è bisogno di una forza di interposizione internazionale tra queste due realtà che potranno parlarsi solo se cesseranno le strumentalizzazioni arabe dei palestinesi ed il terrorismo di Stato che trova in Hamas la vera e concreta  espressione sia del popolo  che dell’establishment Palestinese. Insomma occorre eradicare il terrorismo e la violenza fideistica a cominciare da  Hamas, il terrorismo degli Hezbollah libanesi, delle residuali frange dell’Isis rimaste sul campo, è interesse di tutto il mondo occidentale, non solo di Tel Aviv. Tenendo conto che in Europa accogliamo, sfamiamo e integriamo, milioni di migranti provenienti da quei contesti geopolitici e dalle guerre ivi scatenate dalla violenza fideistica e dalle idiosincrasie politiche dei dittatori. Ed allora la campana suona anche per noi!

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