Plastic tax, come funziona in Europa

Polemiche a non finire sul provvedimento all’esame del Senato che prevede il pagamento di un euro per chilo di materiale. In Belgio si pagano 3 euro al chilo per le buste monouso, in Gran Bretagna si aspetta il 2022

Il 2 novembre la Ragioneria generale dello Stato ha bollinato il disegno di legge di Bilancio, che ora ha iniziato il suo iter parlamentare alla Commissione Bilancio del Senato. Una delle novità contenute al suo interno più dibattute tra le forze di maggioranza riguarda la cosiddetta plastic tax.
Ma esistono altri Paesi in Europa che hanno un’imposta simile?

Di che cosa stiamo parlando

Sul sito del Senato è consultabile il testo del disegno di legge “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”, presentato dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. L’articolo 79 del ddl riguarda la cosiddetta plastic tax – definita come “imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego” – e gli “incentivi per le aziende produttrici di manufatti in plastica biodegradabile e compostabile”. Questa tassa sulla plastica, come suggerisce il nome del Titolo II del ddl, è pensata per tutelare l’ambiente ed è normata da 19 commi. Il comma 7 dell’art. 79 specifica che l’imposta “è fissata nella misura di 1,00 euro per chilogrammo di materia plastica” contenuta nei “manufatti con singolo impiego che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari”. Una definizione quindi molto generica. Questi manufatti saranno soggetti alla nuova imposta “se sono realizzati con l’impiego, anche parziale, di materie plastiche, costituite da polimeri organici di origine sintetica e non sono ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati”. In sostanza, la plastic tax mira a scoraggiare l’utilizzo di prodotti monouso contenenti plastica, con un’aliquota unica di 1 euro ogni chilogrammo di plastica.

L’iter dall’Europa all’Italia

A maggio 2018, la Commissione europea ha inserito tra le sue proposte per il bilancio comunitario 2021-2027 l’introduzione di un tributo nazionale di 0,80 centesimi di euro per ogni chilogrammo di plastica contenuto in imballaggi non riciclati. Si stima che questa tassa potrebbe generare ricavi annuali per 6,6 miliardi di euro. Al momento, la proposta di bilancio è sul tavolo del Consiglio europeo, la cui presidenza di turno è attualmente ricoperta dalla Finlandia, che in un comunicato del 7 ottobre 2019 ha sottolineato come l’introduzione di una tassa sulla plastica non riciclata stia raccogliendo “un vasto supporto”. Questa imposta, a detta della Finlandia, sarebbe infatti l’unica nuova tassa proposta dalla Commissione Ue ad avere ottenuto l’appoggio degli Stati membri durante la discussione sul bilancio, mentre gli altri tentativi proposti per raccogliere nuove risorse – e far fronte, ad esempio, all’uscita dall’Ue dal Regno Unito – troverebbero al momento un consenso più basso. Già a gennaio 2018, la Commissione Ue aveva presentato una comunicazione – accolta poi con favore dal Parlamento europeo – per istituire una strategia europea per la plastica nell’economia circolare, e ridurre tra le altre cose lo spreco di plastica in prodotti monouso. Questa comunicazione anticipava già la possibilità da parte della Commissione Ue di introdurre una tassa sulla plastica non riciclata: “Inoltre, nel contesto della preparazione del quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2020 – si legge nel testo – l’introduzione di una tassa potrebbe essere presa in considerazione tra le potenziali opzioni per generare entrate per il bilancio dell’Ue”. Questa possibilità è poi in effetti stata presa in considerazione.

Le tasse nei vari Paesi europei

Uno studio dell’Ocse, pubblicato a luglio 2019, spiega come in diversi Paesi Ue siano in vigore tasse sulla plastica, o meglio, su determinati tipi di plastica e su determinati usi della plastica, come quella destinata agli imballaggi. Stati membri dell’organizzazione – come Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Paesi Bassi e Slovenia – hanno infatti scelto anche la leva fiscale per modificare il comportamento dei cittadini in questo settore. Per esempio, la tassa sugli imballaggi in Belgio è di 3,6 euro al chilogrammo per le posate usa e getta di plastica, mentre è di 3 euro al chilo per le borse di plastica monouso. In Francia, la tassa è di 6 centesimi di euro per borsa; in Irlanda di 0,22 euro; in Portogallo di 0,08 euro (più Iva); nel Regno Unito di 5 centesimi di euro. Una misura simile sulle borse di plastica in materiale leggero è in vigore anche in Italia, attraverso una legge del 2017 che ha recepito una direttiva europea del 2015 e che all’epoca aveva creato non poche polemiche. In Danimarca, i prodotti di packaging hanno un’imposta che va da oltre 1 euro al chilo per quelli che contengono plastica riciclata, a oltre 1,70 euro per i prodotti con plastica non riciclata. Nel Paese scandinavo sono tassate anche altre due materie plastiche, il polistirene espanso sinterizzato (Eps) e il cloruro di polivinile (Pvc), entrambi circa 2,70 euro al chilo. Nel 2018, il Regno Unito ha invece introdotto una Plastic packaging Tax che entrerà in vigore da aprile 2022.

Conclusione

Con l’arrivo in Senato del disegno di legge di Bilancio per il 2020 sono diventati più chiari i contorni normativi della cosiddetta Plastic Tax, un’imposta di 1 euro al chilo che riguarderà gli imballaggi di plastica, e non solo, per disincentivare l’uso di prodotti monouso fatti di questo materiale. In linea generale, è dunque possibile dire che la Plastic Tax non sarebbe una novità esclusivamente italiana, anche se i dettagli della disciplina di ogni singolo Stato rendono ad oggi ogni caso diverso dagli altri. E’ vero anche che la Commissione Ue, nella sua proposta di bilancio comunitario per il 2021-2027, ha suggerito la possibilità di introdurre una nuova imposta (0,80 centesimi per chilogrammo) riguardante i prodotti di plastica non riciclati, che uniformerebbe probabilmente la situazione a livello comunitario. Ma la questione è ora in mano al Consiglio Ue.

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