Quirinale, Letta chiama i partiti: “Smussiamo spigoli. Serve unità”

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Enrico Letta

ROMA – Enrico Letta richiama la maggioranza che sostiene il governo dei migliori all’unità e, in vista dell’elezione del presidente della Repubblica, invita tutti “a fare dei passi avanti di comune accordo, smussando gli spigoli e facendo questo lavoro insieme”. Sul Colle più alto di Roma cominciano ad accendersi i fari della politica, quanto seriamente è ancora tutto da verificare.

Con l’aumento dei contagi da Covid e il ‘rischio’ che Mario Draghi sia chiamato a prendere decisioni dettate dall’emergenza ancor prima che si riunisca il Parlamento in seduta comune, l’appello del segretario del Pd suona come un ‘basta andare in ordine sparso, cominciamo a ragionare’. E il capo del Nazareno fa un ulteriore passo in avanti.

“Questo governo che noi sosteniamo con grande convinzione, il presidente del Consiglio, il lavoro che Draghi sta facendo, credo che questa direzione di marcia sia unica in Europa e a livello europeo possiamo essere punto di riferimento”, rimarca schierandosi in sostanza tra i leader che, da qualche giorno, hanno palesato la preferenza che Mister whatever it takes rimanga a palazzo Chigi.

“La legge di bilancio è stata approvata dalla maggioranza più larga di sempre. Questa stessa maggioranza parlamentare affronterà nel mese di gennaio la scelta del nuovo capo dello Stato. Tutto ciò ha bisogno di questo sforzo di unità in cui ognuno deve fare due passi avanti per evitare di fare passi indietro tutti insieme”, è il ragionamento che il leader dem condivide con la platea dell’assemblea Alis. Dello stesso avviso anche il capo M5S, Giuseppe Conte.

“Serve un dialogo e un confronto con tutte le forze del parlamento. Bisogna confrontarsi per trovare una persona che rappresenti tutti”, ma avverte: “Berlusconi non è il nostro candidato”. Il partito di Draghi premier fino al 2023, insomma, si allarga a macchia d’olio, complice, maligna qualche parlamentare, “la variante Omicron o quella che verrà dopo…”. L’asse Pd-M5S, dunque, conferma di non ‘tramare’ dietro le quinte di voler portare il paese alle urne nel 2022, e si va ad unire ai desiderata di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.

In attesa che l’attore protagonista del ‘film Quirinale’ sciolga la riserva. Draghi infatti non ha ancora dato la sua disponibilità nè per avviarsi verso la strada che lo porterà al palazzo dei Papi, nè tantomeno per confermare la sua permanenza alla guida della presidenza del Consiglio. Tra i corridoi del Transatlantico oggi circolava la voce di un premier ‘stufo’ di essere preso per la giacchetta e pronto a dimettersi appena approvata la manovra.

“Schiocchezze”, così bollano i rumors da palazzo Chigi. Certamente questo vedersi sempre come unico ‘nome’ della disputa tra partiti e con un capo dello Stato in carica e nel pieno delle sue funzioni, non fa piacere al diretto interessato. E mentre impazzano le dichiarazioni su dove dovrebbe andare Mario Draghi, Carlo Calenda ironizza: “Ho omesso, per lapsus forse freudiano, Renzi. Ma ovviamente all’appello manca anche lui. Sbrighiamoci oppure ci troveremo su un piano inclinato. Cartabia, Gentiloni, Severino, abbiamo molti candidati di qualità per il Quirinale, nessuno per sostituire Draghi a palazzo Chigi”.

Chi ha invece le idee chiarissime sul prossimo presidente della Repubblica, è Antonio Tajani: “Indipendentemente da chi sarà il candidato il centrodestra sarà coeso. Credo nella lealtà di Meloni e Salvini. Se Berlusconi dovesse essere il candidato il centrodestra lo sosterrebbe”. Incalzato da Bruno Vespa sul ‘piano B’ ipotizzato da Giorgia Meloni, il coordinatore azzurro non ha dubbi: “Il piano B ci sarà qualora Berlusconi decidesse di non candidarsi, ma con qualunque piano il centrodestra sarà unito”.

E sul Cav che coltiva il sogno di salire al Colle, si esprime anche Giuliano Urbani, coofondatore di Forza Italia ed ex ministro della Cultura: “E’ un’idea legittima, intendiamoci. Molti mettono in forse anche questo. È un uomo che ha cambiato tante cose entrando in politica, a cominciare dal linguaggio, prendendo spunto dall’esperienza del calcio con termini come squadra e discesa in campo. Al di là di questo, è legittimo. Mi sembra assurdo dire: lui non può. Lui può. Dipende se ha i voti e anche dalle caratteristiche anagrafiche. Io posso dirlo, sono suo coetaneo: non abbiamo l’età… Se si pensa che Mattarella, che è più giovane di noi, dice che è troppo vecchio. Questo” dell’età “è un problema”.(LaPresse)

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