Scampia, fece uccidere un uomo perché aveva definito il clan “banda di cafoni”: ordinanza per il boss

Francesco Abbinante
Francesco Abbinante

Un ‘cold case’ risolto dopo 24 anni. A dare una spina alle indagini ci hanno pensato le dichiarazioni di alcuni pentiti eccellenti del panorama camorristico napoletano. Nuova ordinanza per il boss Francesco Abbinante, figlio del capoclan Raffaele (ex braccio destro del boss Paolo Di Lauro, detto Ciruzzo ’o milionario), alias Papele ’e Marano, in carcere dal 18 ottobre 2006, quando fu catturato dopo quattro anni di latitanza. Francesco Abbinante, classe ‘75, è ritenuto gravemente indiziato dell’omicidio aggravato da futili motivi e dal metodo mafioso di Vincenzo Ardimento.

Il delitto fu consumato il 25 giugno del 1999 a Scampia, in via Fratelli Cervi, sotto i porticati del cosiddetto Lotto T/B. Erano i tempi della prima faida di Scampia. In particolare, l’attività diretta e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli (sostituto procuratore Lucio Giuliano), ha consentito di raccogliere dichiarazioni da diversi collaboratori di giustizia da cui, all’esito dei riscontri effettuati dalla Squadra Mobile (diretta da Alfredo Fabbrocini), sono emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di Abbinante, che sarebbe stato eseguito per punire la vittima “colpevole” di aver insultato gli Abbinante definendoli dei “cafoni”.

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e il destinatario della stessa è persona sottoposta alle indagini e, pertanto, presunto innocente fino a sentenza definitiva. Abbinante avrà modo di dimostrare la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati. Ardimento era un ladro di motorini. Le indagini sulla sua morte vennero archiviate qualche mese dopo, il 20 settembre 1999, per l’assenza di sviluppi.

Ma le dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia nel 2021 indussero la magistratura a riaprirle. Uno di questi rivelò in un manoscritto che “Francesco Abbinante si fermò vicino al bancone e con un volto indiavolato, prese un cocomero e con un coltello lungo 40 centimetri iniziò a inveire su di esso asserendo che con i cafoni non si scherzava”. Abbinante all’epoca aveva 23 anni. Oggi ne ha 48 anni. Secondo quanto ricostruito, Abbinante aveva vissuto la sua infanzia a Marano prima di andare ad abitare a Scampia.

La parola cafone suscitava in lui “una forma di complesso di inferiorità”. Abbinante fu catturato nell’ottobre del 2006 a Marano. Si nascondeva lì, secondo gli inquirenti dell’epoca, perché protetto dal clan Nuvoletta. All’epoca era latitante da quattro anni. Dopo la cattura ha collezionato una lunga serie di accuse. L’ultima, in ordine di tempo, è quella culminata nell’ordinanza eseguita ieri a suo carico. Per l’omicidio Ardimento risultano indagate altre quattro persone, due di loro minorenni all’epoca dei fatti.

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