Trump, una vittima predestinata

Ci risiamo. Torna l’uso politico della giustizia per sbarazzarsi di un avversario nella lotta democratica per giungere al potere. Ancorché il caso sia scoppiato dall’altra parte dell’oceano, a migliaia di chilometri di distanza dal Belpaese, le analogie con l’Italia sono evidenti. Donald Trump, il vulcanico, disinvolto, e a quanto si suppone anche disinibito, ex presidente degli Stati Uniti, è stato portato innanzi ad tribunale da un procuratore distrettuale, per rispondere di “comportamenti sessuali personali”. La storia è al tempo stesso grave e straordinaria, oltre che paradossale, perché buona parte dei fatti contestati al “tycoon”, soppesati singolarmente, non sono ritenuti reati. Tuttavia il combinato disposto dei suoi comportamenti potrebbe concretizzare un’ipotetica illegalità fiscale ed elettorale che, a quanto pare, lo avrebbe favorito come candidato repubblicano nella corsa alla Casa Bianca contro la rivale democratica Hillary Clinton. Ancora una volta un peccato, per coloro che sono credenti, viene scambiato per un reato e, peggio ancora, un’azione connaturata al libero arbitrio, nel senso laico e liberale, viene elevata al rango di violazione della legge. La storia è presto detta. Il magnate americano avrebbe avuto un rapporto intimo con la pornostar Stormy Daniels, una donna avvenente, salvo poi pagarne il silenzio versandole 135.000 dollari. Somma pagata per conto dal miliardario tramite il proprio avvocato di fiducia. In una nazione ove la libertà e la privacy dei cittadini sono un dogma, sono assentiti film a luci rosse, tutti i gusti e le tendenze sessuali accettati, la stessa prostituzione diffusa e tollerata, si punta il dito per un rapporto con una donna adulta e consenziente, che di mestiere offre le proprie grazie per denaro. Insomma: un’improvvisa reviviscenza del moralismo intransigente dei pionieri a “stelle e strisce”, delle sette religiose dei Quaccheri e dei Mormoni, mette alla sbarra un uomo che altro non ha fatto che scegliersi e pagarsi una partner sessuale. Negli States sono all’ordine del giorno ben altri gravissimi fatti di cronaca: sparatorie di adolescenti, traffici di droga, omicidi e violenze di ogni genere, intere città trasformate in mecca del gioco d’azzardo e dedite al mercimonio sessuale; motel, locali hard e case d’appuntamento dappertutto. Ebbene, in tutto questo sistema di esasperate libertà individuali insorge un procuratore distrettuale, militante, guarda caso, nel partito democratico, quello avverso allo schieramento di Trump, che… lancia una crociata! Costui accoglie le postume, per taluni versi estorsive,  confessioni di una delle decine di migliaia di “stripteaseuse” che si concedono liberamente per soldi oppure per far carriera, e incrimina l’ex presidente Usa! Insomma: nel paese della libertà assoluta, declinata in tutte le sue forme ed espressioni, che spesso sconfina nel libertinaggio, si tenta di mettere al rogo chi ha avuto, per quanto considerabile squallida, un’avventura amorosa a pagamento. Come per Al Capone, al quale, non potendo procurare prove per i suoi tanti delitti, fu contestato il reato di evasione fiscale per condannarlo, lo stesso si tenta oggi con Donald Trump. Personaggio scomodo, polemico e poco istituzionale, comunque ricco e a capo di un vasto elettorato, in parte rumoroso e contestatore, l’ex leader repubblicano è inviso a gran parte dell’attuale establishment democratico e, per certi versi, ai diplomatici stessi della politica. Colpirlo con uno scandalo può essere il mezzo più idoneo per eliminarlo, per alienargli le simpatie dei benpensanti americani, che nel privato coltivano e tollerano ipocritamente le sue stesse inclinazioni, infliggendogli una condanna se non addirittura la carcerazione. D’altronde questi tranelli sono dietro l’angolo per chiunque si presti con superficialità ed avventatezza a talune pratiche, immemori della circostanza che un uomo pubblico non può permettersele. Un capo di Stato oppure di governo, come la moglie di Giulio Cesare, oltre a essere ligio ai suoi doveri, deve sembrare tale anche formalmente agli occhi del popolo. Chi trascura questo dovere che deriva dall’essere egli stesso un simbolo per la nazione e per le istituzioni pubbliche (sulle quali la medesima di regge), offre il fianco al moralismo di maniera d al perbenismo ipocrita e farlocco. Per quanto avventata sia stata la condotta dell’ex inquilino della Casa Bianca, non basta questo a farne un reo né ad offrire a un magistrato politicizzato, l’occasione per farlo fuori dalla scena politica, evento, quest’ultimo, che, in tutte le vere democrazie, spetta solo agli elettori. Il procuratore Alvin Bragg tenterà ora di dimostrare, usando ogni formalismo e le più capziose congetture giuridiche, che quei soldi spesi per la escort, ma dichiarati come spesa elettorale, avessero il crisma di una truffa oppure di un’evasione fiscale. Tuttavia egli non sembra cogliere, insieme con tutte le mezze vergini che invocano il rispetto del pudore e la morale, che, così agendo, non sta distruggendo solo Trump ma anche le basi stesse di libertà dei comuni individui e con esse, quei principi ispiratori sui quali fu scritta la Costituzione di Filadelfia, quella che si diedero coloro che abitavano la nazione degli uomini liberi e la patria dei coraggiosi.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome