Il cavallo di Troia

Eccoli! I primi fondi del Recovery sono finalmente arrivati!! Dopo mesi di annunci e di progetti elaborati senza uno straccio di confronto parlamentare, senza accogliere un parere da parte delle associazioni di categoria, senza un minimo di discussione con gli ordini professionali e le autonomie locali. Insomma: qualora non lo si fosse ancora capito, tutto è stato elaborato e progettato nelle stanze tetragone alla democrazia, quelle nelle quali si muovono, come pesci nell’acqua, burocrati e tecnici buona parte dei quali ben “agganciati”, se non espressione della cosiddetta politica politicante. Recovery found, Pnrr e NextGenerationEU sono parole di senso semi-clandestino, spese ed usurate nelle conferenze stampa sia del governo Conte che di quello Draghi. Una specie di “arcana imperii” di quelli, per capirci, che Publio Cornelio Tacito, storico dell’antica Roma, raccontò negli Annali. Atti oscuri se non semi sconosciuti nel dettaglio progettuale e nei crono-programmi, intesi per grandi linee di indirizzo e bisognevoli di futuri provvedimenti attuativi. Eppure il governo del “superbanchiere” è stato varato con largo consenso proprio per dare sostegno in termini di esperienza e conoscenza, alla più grande manovra di spesa che la Repubblica ricordi. Sono circa duecento i miliardi di euro che spettano al nostro Paese (dei quali un terzo a fondo perduto e due terzi in prestito) affinché l’Italia attui il suo “Pnrr”, acronimo che sta ad indicare il Piano Nazionale di Rilancio e di Resilienza.

Soffermiamoci un istante sul termine “resilienza”. Si tratta di una definizione, quasi sconosciuta in passato, ed oggi largamente usata, che indica la capacità dell’individuo di adattarsi, in maniera positiva, ad una condizione negativa e traumatica. Insomma, parafrasando, la capacità dello Stato di imboccare strade virtuose al posto di vie già percorse con esito negativo ed infruttuoso. In soldoni: la capacità del governo di portare a compimento tutte le opere e le infrastrutture programmate. Peccato che la nostra sia una nazione in cui lo sperpero del denaro dei contribuenti ha eretto centinaia e centinaia di “incompiute”. Scheletri che rappresentano la muta testimonianza dell’inettitudine di quella programmazione statale. Ora, se le parole della politica avessero sempre un senso compiuto, ci sarebbe da credere che assisteremo alla realizzazione di opere veramente necessarie, limpidamente appaltate e consegnate nei tempi previsti.

Ma è solo pura utopia (il mancato completamento della Salerno-Reggio Calabria è lì a testimoniarlo), che ci ricorda, quasi ammonendoci, l’enorme mole di denaro pubblico sperperata dallo Stato negli ultimi decenni. Morale della favola: c’è da guardare alla resilienza pubblica con qualche motivato scetticismo. In effetti non si tratta solo di recuperare spazi di legalità, efficienza e rispetto dei termini di consegna dei lavori quanto cancellare i mille interessi politici elettorali del sottobosco politico essendo lo statalismo, per sua stessa natura e funzione, tutto teso a tutelare gli interessi di coloro i quali detengono il potere governativo oppure occupano ed indirizzano i gangli delle istituzioni statali.

In disparte gli interventi, spesso preventivi, della magistratura (penale, civile ed amministrativa) eccitata da ricorsi e denunce nonché a caccia di collusioni tra partiti ed imprenditori e sostanzialmente tra questi e la malavita organizzata. Un’ingerenza che spesso ha bloccato opere ed infrastrutture per molti anni come unico esito degli interventi giudiziari. Tuttavia l’arrivo dell’acconto dei circa 25 miliardi di euro (a tanto ammonta la prima tranche erogata all’Italia) desterà entusiasti e proclami, iperboli e rivendicazioni di merito, ben più che meditati discorsi sull’avverarsi di un rilancio economico duraturo e di una vera e duratura “resilienza”. Non mancheranno intoppi e diatribe, né lungaggini giudiziarie, anche se tutto ci sarà prospettato come irreprensibile.

Se è vero che lo statalismo rompe il nesso etico esistente tra ricompensa economica e merito, che le opere pubbliche non saranno gravate dall’alea del profitto e della perdita che orienta l’efficienza dell’impresa privata, c’è da scommettere che nel prossimo futuro le cronache registreranno le solite grane ed i soliti scandali. E’ nella natura delle cose gestite dallo Stato favorire gli interessi di coloro che lo governano con buona pace della corretta imprenditoria. E per favore: nessuno ci tacci di pessimismo cosmico. La Prima Repubblica ebbe termine con lo scandalo delle tangenti milionarie di Enimont, col crollo dei partiti di potere ed il cambiamento di quelli di opposizione. C’è da sospettare che questa grande abbuffata di lavori e di spesa statale possa, in futuro, decretare la fine di questa Seconda Repubblica. “Diffida dei Greci quando ti offrono doni”, gridava Cassandra, inutilmente, innanzi al cavallo di Troia, rivolta a re Priamo. Chissà se Mario Draghi sarà più accorto del re di Troia.

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