Roma, banda della Magliana: confiscati beni per 25 milioni

Tra le proprietà sequestrate, ci sono numerosi immobili, auto e motoveicoli, opere d'arte, società e conti bancari

Foto LaPresse - Claudio Furlan

ROMA (LaPresse) – La guardia di finanza sta eseguendo a Roma la confisca di beni per 25 milioni di euro appartenenti a Ernesto Diotallevi. Ritenuto appartenente alla Banda della Magliana. Tra le proprietà confiscate, ci sono numerosi immobili, auto e motoveicoli, opere d’arte, società e conti bancari.

Anello di congiunzione tra mafia e mondo finanziario

Secondo gli inquirenti, Diotallevi sarebbe stato incaricato negli anni da Danilo Abbruciati detto “er Camaleonte”, da un lato, di fungere da trait d’union tra tale sodalizio e il mondo economico-finanziario della Capitale. Dall’altro, di curare le relazioni con esponenti di “cosa nostra siciliana”. Con particolare riferimento al boss palermitano Pippo Calò, capo mandamento di Portanuova. E ritenuto il tesoriere della mafia, presente a Roma sotto falso nome.

Sequestrati beni del valore di 25 milioni

L’operazione costituisce l’epilogo di indagini patrimoniali, eseguite dagli specialisti del Gruppo investigazione criminalità organizzata del Nucleo di polizia economico-finanziaria. Su delega della Direzione distrettuale antimafia capitolina. Che hanno consentito di documentare come il proposto, sebbene assolto dalla Corte d’Assise di Roma, nel 1996, nell’ambito del noto “processo alla banda della Magliana”. Nonché da plurime accuse di omicidio (tra le altre quella per la morte del banchiere Roberto Calvi), fosse riuscito ad accumulare ingenti fortune, nonostante l’assoluta carenza di fonti di reddito lecite. Talora riconducendo la formale titolarità dei beni a compiacenti “prestanome”.

Le indagini in corso

La confisca giunge al termine di un complesso iter che ha portato la posizione di Diotallevi al vaglio di tutti i gradi di giudizio sino alla Corte di Cassazione. La quale, a gennaio 2018, ha annullato il decreto con cui la Corte di Appello, a maggio 2017, aveva disposto, in riforma della decisione del Tribunale risalente a gennaio 2015, la revoca parziale della misura ablativa.

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