“Siciliano schiaffeggiato perché non pagava il pizzo”. Il presunto intervento del nipote del boss Zagaria per difenderlo dai Letizia

Il racconto alla Dda del pentito Primo: “Mio fratello Salvatore reagì con violenza perché non voleva pagare il pizzo”

MARCIANISE – Tra gli imprenditori che Primo Letizia, stando al suo racconto reso alla Dda di Napoli, avrebbe taglieggiato in nome dei Quaqquaroni, figura anche Paolo Siciliano. Il boss pentito ai magistrati dell’Antimafia ha detto di conoscere la vittima come “Paolo detto Sofras, in quanto titolare di una catena di supermercati Sofras che si trovano da Marcianise fino al Basso Lazio”. Ha sostenuto che per avvicinare l’uomo d’affari si rivolse a un barbiere che gli faceva da “autista”.

Al commerciante disse che aveva bisogno di parlare con l’imprenditore per concordare le estorsioni. Il barbiere ritornò da lui, dice Letizia, dopo essersi confrontato proprio con il patron dei market: “Mi disse che era disposto a farmi solo un regalo di 2mila euro, precisando di non poter pagare le tranches che io chiedevo. Ribadì io al barbiere – ha proseguito Letizia – che Paolo avrebbe dovuto pagare non solo a Pasqua, ma anche a Natale e in estate. Dopo qualche giorno il barbiere mi consegnò i 2 mila euro promessi venendo a casa mia e in quell’occasione mi mandò i saluti di Filippo Capaldo, nipote di Zagaria. Mi fece capire che Filippo era amico di Paolo e che in virtù di tale amicizia, Paolo aveva consentito a Capaldo di lavorare presso di lui per l’affidamento in prova”.

Letizia ha raccontato anche un altro episodio risalente al 2014 che coinvolgerebbe sempre Siciliano: “Fu scarcerato mio fratello Salvatore: direttamente lui, insieme a Pasquale Regino e Giovanni Pontillo, si recò presso gli uffici della Sofras che si trovano a San Nicola La Strada per incontrare Paolo e chiedergli nuovamente l’estorsione. Per come mi riferì mio fratello, poi, Paolo alla richiesta di pizzo disse che tenuto conto che il market era a San Nicola non doveva versare soldi al clan Letizia perché su San Nicola non comandava. A queste parole mio fratello ebbe una reazione violenta e prese a schiaffi Paolo, ricordandogli che lui comandava anche su quella zona. Intervenne Filippo Capaldo, che disse di essere il nipote di Michele Zagaria. E visto che lo zio aveva interessi economici in quei supermercati, loro non avevano intenzione di pagare”. La Squadra mobile ha interrogato sul punto sia Siciliano che il barbiere, identificato poi dagli agenti in Tartaro, ed entrambi sostanzialmente hanno negato di aver pagato estorsioni a Letizia.

Le dichiarazioni del pentito sono state inserite nell’inchiesta sul clan Piccolo-Letizia che ha già portato a 6 condanne in primo grado. Rispetto a questa indagine, Siciliano e Tartarone sono estranei. Siciliano è a processo invece con l’accusa di minacce e riciclaggio in relazione a un’attività investigativa incentrata sul business usurario coltivato da Giovanni Buonanno, ora pentito, e il papà Gennaro, detto Gnucchino, esponente dei Belforte. Ha affrontato in primo grado anche un processo per associazione mafiosa: la Dda gli contestava l’accusa di aver partecipato alle attività del clan Zagaria. Il Tribunale di Napoli, però, ha rispedito gli atti alla Procura ritenendo che debba formulare altre contestazioni escludendo quella di associazione mafiosa.

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