Caso Antropoli, atti rinviati in Procura

Gli inquirenti su suggerimento della Corte d’assise potrebbero avviare un’altra indagine a carico dell’ex sindaco. Il commento dei togati su Ricci: “Spregiudicato”

CAPUA – Le prove che dimostrerebbero il concorso esterno al clan dei Casalesi del chirurgo Carmine Antropoli (nella foto) sindaco dal 2006 al 2016, e Marco Ricci, finanziere ed ex consigliere comunale, secondo la Corte d’assise di S. Maria Capua Vetere non ci sono. Ma gli atti del processo a carico dei due, conclusosi lo scorso maggio, dicono i togati, meritano di essere ulteriormente approfonditi. Il presidente Roberto Donatiello e il giudice Alessandro De Santis, infatti, hanno disposto la trasmissione dei documenti in Procura “per le valutazioni di competenza in riferimento alle ulteriori fattispecie di reato potenzialmente ravvisabili” nelle condotte avute dagli imputati.

Spieghiamo: Antropoli e Ricci non hanno commesso il reato di concorso esterno (ed infatti sono stati assolti), ma è possibile, stando alle motivazioni della sentenza depositate a fine luglio, che si siano macchiati di altri reati non contestati dalla Dda. E così la Corte ha invitato gli inquirenti a riesaminare il tutto per verificare se effettivamente emergono altre ipotesi delittuose.

Per il sostituto procuratore Maurizio Giordano, che ha coordinato l’inchiesta e rappresentato l’accusa in dibattimento, Antropoli e Ricci avrebbero stretto un patto politico-mafioso con Ciccio ‘e Brezza, al secolo Francesco Zagaria, esponente del clan dei Casalesi (dal 2019 collaboratore di giustizia). In cambio del sostegno alle elezioni del 2016 che avrebbero ricevuto dal criminale, i due (con ruoli diversi appoggiavano la candidatura a sindaco di Giuseppe Chillemi) gli avrebbero promesso l’assegnazione di appalti pubblici.

La Corte d’assise in relazione alla posizione di Antropoli ha ritenuto documentata l’intesa con Ciccio ‘e Brezza, ma è un accordo che sarebbe andato ad incrementare le ricchezze dello Zagaria in quanto singolo e non della cosca di cui faceva parte. Donatiello e De Santis nel motivare il verdetto hanno pure rimarcato le frequentazioni di Antropoli con imprenditori in odor di mafia e il suo presunto usare la propria forza politica per scopi economici personali: elementi di certo non edificanti ma, se anche considerati accertati, non sono stati sufficienti a tracciare l’eventuale apporto del chirurgo all’organizzazione mafiosa.

“Spregiudicato”, invece, è il termine che la Corte ha usato per commentare l’atteggiamento avuto da Ricci. L’ex consigliere comunale, secondo i togati, non ha avuto remore nel “richiedere la collaborazione, per i suoi scopi elettorali, di soggetti dalla personalità e moralità tutt’altro che specchiata, tra cui Francesco Zagaria”. Ma come per Antropoli pure per il finanziere non ci sono i presupposti per dire che il rapporto con Ciccio ‘e Brezza abbia portato benefici al clan.

La Procura distrettuale ora si ritrova a gestire una situazione a dir poco complessa. Ha la possibilità di impugnare la sentenza di assoluzione, se è convinta di riuscire a dimostrare in secondo grado il concorso esterno inizialmente contestato. Oppure potrebbe riaprire l’indagine, come suggeritogli dalla Corte d’assise, e formulare nuove accuse (diverse dal concorso esterno). C’è anche una terza via, ma, a nostro avviso, inusuale: quella di procedere sia con il ricorso in Appello che con l’apertura di una nuova inchiesta. Rischierebbe di apparire ‘troppo’, anche perché c’è un altro elemento da considerare: alcune delle ipotizzate condotte illecite emerse nel corso del processo di primo grado (molte apprese solo dopo il pentimento di Zagaria) sono oggetto di un altro procedimento già incardinato (ancora in fase di udienza preliminare) dinanzi al Tribunale di Napoli, che rischia di portare a giudizio proprio Antropoli e Ricci con le accuse di corruzione e turbativa d’asta aggravata dalla finalità mafiosa, reati che avrebbero commesso mentre erano amministratori del Comune di Capua (alcuni dei quali tesi, dice l’accusa, a favorire società vicine a Zagaria). Ancora qualche settimana e la Dda dovrà svelare la propria strategia.

Ricci e Antropoli sono stati assolti dal concorso esterno ma condannati per violenza privata ad un anno e 8 mesi: avrebbero fatto pressione su Giuseppe Di Lillo affinché non si candidasse alle Comunali di 6 anni fa. Ritenuto colpevole dello stesso reato pure Armando Porciello, che però ha incassato una pena più lieve (e sospesa): un anno, un mese e 10 giorni. A giudizio c’era anche l’ex consigliere Guido Taglialatela, accusato di scambio elettorale politico-mafioso, ma pure è stato assolto. Le loro posizioni sono state valutate dalla Corte d’assise perché l’indagine ruotava intorno alla figura di Francesco Zagaria, accusato anche della partecipazione all’agguato che nel 2003 portò alla morte Sebastiano Caterino e Umberto De Falco: per tale assassinio, ordinato dal gotha del clan dei Casalesi, e per la sua partecipazione alla cosca, Ciccio’ e Brezza, ora pentito, ha ottenuto 16 anni e 9 mesi di reclusione. Nel collegio difensivo sono stati impegnati gli avvocati Mauro Iodice, Vincenzo Maiello, Guglielmo Ventrone, Gerardo Marrocco, Lorenzo Caruso e Carme Di Meo.

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