Europee, i nuovi scenari di Bruxelles all’ombra di Brexit e sovranisti

AFP PHOTO / FREDERICK FLORIN

BRUXELLES – Alle elezioni europee di questa domenica saranno eletti 751 eurodeputati da tutti e 28 gli Stati membri, incluso il Regno Unito. Che resta un membro a pieno titolo dell’Ue almeno fino al 31 ottobre, quando scadranno i termini per il raggiungimento di un accordo tra Londra e Bruxelles. I nuovi eurodeputati si insedieranno il 2 luglio a Strasburgo nella prima sessione plenaria.

Con l’uscita del Regno Unito, il Parlamento europeo sarà ridimensionato e passerà da 751 a 705 eurodeputati. I 73 seggi britannici saranno ripartiti tra tutti gli Stati membri in base al criterio della densità demografica.

L’Italia ad esempio avrà tre seggi in più, passerà dagli attuali 73 deputati a 76. Domenica si vota, pertanto, per l’elezione di 76 parlamentari europei, soltanto 73 dei quali, però, si insedieranno subito – ha precisato la Cassazione- in quanto i restanti tre, in base alla decisione del Consiglio europeo 2018/937, “potranno farlo solo dopo che il recesso del Regno Unito sarà divenuto giuridicamente efficace”.

Con 96 membri è la Germania il Paese che elegge il maggior numero di eurodeputati, seguita dalla Francia. Che con la Brexit passerà dagli attuali 74 a 79 eurodeputati, dall’Italia (76 post-Brexit) e dalla Spagna che guadagnerà 5 seggi, passando da 54 deputati a 59.

Per essere eletti i deputati italiani devono aver almeno 25 anni. L’Italia e la Grecia sono i Paesi che hanno il limite di età più alto nell’Ue, nella maggior parte degli altri Paesi è sufficiente invece avere diciotto anni per candidarsi. In venti Stati europei, compresa l’Italia, gli elettori hanno la possibilità di esprimere le preferenze. Le liste sono chiuse ad esempio in Francia, Germania, Spagna, Romania e Ungheria. Non tutti i Paesi hanno una soglia di sbarramento, che è fissata al 4% in Italia; essa può variare dall’1,8% al 5% in altri Paesi.

Resta da definire la modalità di uscita

Gli eurodeputati eletti si distribuiscono poi in base all’affinità politica, non alla nazionalità. Per formare un gruppo politico sono necessari almeno 25 parlamentari provenienti da almeno sette Stati.

Esistono attualmente otto gruppi politici. Con 216 deputati provenienti da 28 delegazioni nazionali, il gruppo dei Partito Popolare europeo (Ppe), a cui appartengono i deputati di Forza Italia, è quello più numeroso. Segue il Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo con 185 deputati di 28 partiti nazionali, tra cui gli italiani del Pd.

Terzo il Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, con 77 deputati da 19 delegazioni, tra cui siedono alcuni deputati italiani come Raffaele Fitto di Fratelli d’Italia. Poi c’è il Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e Liberali per l’Europa, attualmente con 69 deputati provenienti da 22 Paesi, segue il Gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea con 52 parlamentari tra cui l’ex grillino Marco Affronte, il Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica conta 52 parlamentari tra cui tre italiani. Il Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia diretta, conta 42 membri tra cui la delegazione dei M5S e i britannici del Brexit party (ex Ukip). L’ultimo a essersi formato è il gruppo di Europa delle Nazioni e della Libertà che conta 36 parlamentari tra cui quelli della Lega.

Restano molte incognite da sciogliere, relative a nuovi partiti come La Republique en Marche attualmente non presente al Parlamento. Nelle cui liste si candida anche Sandro Gozi, ex sottosegretario di Stato agli Affari europei. I deputati di Macron potrebbero entrare nel gruppo dei liberali, ma le trattative sono ancora in corso.

I deputati grillini potrebbero dar vita a un nuovo gruppo con il partito croato antisfratti Zivi Zid. Con i polacchi di Kukiz15, i finlandesi di Liike Nyt e i greci di Akkel. Restano fuori dal gruppo dei M5S, almeno per ora, le liste dei gilet gialli. Non è chiaro nemmeno dove si collocheranno i deputati ungheresi di Viktor Orban, il suo partito Fidesz è stato sospeso dal Partito popolare. E poi c’è l’incognita del Brexit Party di Nigel Farage che, anche se per pochi mesi, potrebbe creare ulteriori squilibri politici.

Margherita Sforza (LaPresse)

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