Clan dei Casalesi, attenzione all’erede di Sandokan

Lo scettro mafioso è destinato a Emanuele Libero: è il più giovane degli Schiavone. Ha provato ad ottenere uno sconto di pena per lasciare prima la prigione, ma la Cassazione lo ha fermato

CASAL DI PRINCIPE – La ‘pungitura’ non serve: chi è figlio di Francesco Sandokan Schiavone non ha bisogno di alcun rito per ufficializzare il proprio ingresso nel clan. Per quale ragione? Perché ne fa parte dalla nascita. È un automatismo dinastico. A rivelare questo spaccato sulle discendenze mafiose in terra casalese è stato Nicola Schiavone, il primogenito di Sandokan. “Con me – svelò qualche anno fai ai magistrati – non era necessario”. E se questo ‘diritto’, garantito dalla consanguineità con il leader-fondatore del clan, è valso per lui (ammesso che abbia detto il vero agli inquirenti della Dda), dovrà essere considerato valido anche per i fratelli Walter, Carmine, Ivanhoe e Emanuele Libero. Tutti mafiosi per nascita.

Ma quella Schiavone è una famiglia falcidiata, fortunatamente, dagli arresti e dal pentitismo. Gli interventi degli inquirenti hanno indebolito l’asse ereditario malavitoso. Sandokan ormai è ‘fuori gioco’: condannato all’ergastolo, è in cella, al 41 bis, dal 1998, e chi aveva designato come suo erede, cioè il figlio Nicola, ha deciso di collaborare con la giustizia. Stessa strada intrapresa anche da Walter, che ha preferito voltare pagina e troncare i legami con il mondo malavitoso.

La successione al trono, quindi, riguarda solo gli altri tre figli del capoclan: Carmine, ancora in carcere, Ivanhoe, libero, ma alle prese con svariati processi, ed Emanuele Libero, che a breve dovrebbe mettersi la prigione alle spalle. Una corsa a tre. E a quanto pare, a spuntarla dovrebbe essere il più piccolo, Emanuele Libero.

A dare conferma a questa visione non sono soltanto gli analisti dell’Antimafia, che tracciano il ragazzo, nato nel 1991, come il profilo su cui la cosca proverà a puntare per riprendere forza dopo le ondate di arresti e confische di beni che l’ha travolta (ripartendo, verosimilmente, dallo spaccio di droga e dalle estorsioni). A dire che il capo, una volta scarcerato, sarà Emanuele Libero, è stato pure Ivanhoe. In alcune intercettazioni captate dai carabinieri, infatti, ha palesato come gli affiliati alle altre cosche temono la scarcerazione del germano, riconoscendogli, e neppure tanto velatamente, un ruolo di leader superiore al suo (perché di lui, libero, gli altri mafiosi non avrebbero mostrato lo stesso timore decidendo anche di allontanarsi dal gruppo Schiavone).

Emanuele Libero dovrebbe lasciare il carcere entro l’anno (e la speranza è che rientri a Casale con la volontà di cambiare vita, con la forza d’animo giusta per prendere le distanze dalla mafia). Attraverso un ricorso presentato in Cassazione, aveva anche cercato di accorciare i tempi e ottenere prima la liberazione. Voleva che gli venisse riconosciuta la continuazione di due distinti gruppi di reati contestati in una sentenza di condanna ormai irrevocabile. Di quali condotte si tratta? Da un lato un’estorsione e la sua partecipazione al clan dei Casalesi, dall’altro una tentata estorsione con annessa rapina e danneggiamento (con l’aggravante della modalità mafiosa). La Corte d’appello di Napoli, in funzione di giudice di esecuzione, aveva già risposto picche, sostenendo che le due schiere di reati non erano frutto di uno stesso disegno criminoso. La tentata estorsione, la rapina e il danneggiamento riguardavano un episodio occasionale non collegato all’attività del clan. Nelle scorse settimane pure la Cassazione ha confermato questa decisione.

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